Il ministro delle polemiche
Dopo l'outing sul sesso

COLTIVIAMO LA CANAPA

(di Matteo Bandiera)


Per uso tessile, un business di miliardi. Pecoraro Scanio, responsabile dell’agricoltura, sa bene che qualcuno insorgerà. Ma dice: “Tanto io sono per legalizzare le droghe leggere”.

Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell'Agricoltura Sorpresa, torna la canapa: qualcuno dirà che è un atto giudizioso e saggio, altri lo considereranno un “cavallo di Troia” che apre la strada a forme più o meno velate di legalizzazione delle droghe leggere. Certo è che adesso ci sono le condizioni legislative perché una delle varietà vegetali più discusse – dopo un decennio in cui la legislazione antidroga l’aveva quasi cancellata – torni ad essere coltivata in Italia come un tempo. Dietro questo provvedimento, approvato senza che nessuno se ne accorgesse nel Consiglio dei ministri europei del 17 luglio, c’è la regia di Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell’Agricoltura in odore di eresia. Che torna all’assalto su un tema tabù, dopo il celebre outing sulla sua bisessualità e una serie di provvedimenti a effetto come il blitz contro la Ue per salvare i prodotti tipici e i draconiani decreti anti incendio. Ecco come il leader verde spiega i motivi che l’hanno spinto a inserire nell’Ocm, il nuovo regolamento dell’organizzazione comune di mercato, norme e quote che incentivano le coltivazioni in Italia.

Scommettiamo che nel Polo la additeranno come un cattivo esempio, un leader tutto “sex”, “drugs”, e chissà cos’altro?
“E’ possibile. Io rispondo con i fatti con il deliberato varato nel Consiglio dei ministri Ue e con un nuovo regolamento ministeriale sto cercando di correggere una stortura: quella per cui la canapa italica, per le sue affinità con la varietà indiana, è stata in questi anni messa al bando”.

Scusi ministro, però queste “affinità” non si limitano alla parentela tipologica. Anche la canapa italica contiene il tetraidrocannabinolo, il principio stupefacente che rende appetibile l’”erba” come droga leggera.
“E’ vero, il cannabinolo c’è, ma in percentuali ridotte, e fra l’altro consentite dalle norme della Ue. La legge Jervolino - Vassalli conteneva norme troppo severe che, interpretate in senso restrittivo, hanno prodotto una vera e propria repressione: lo sa che per tutti gli anni ’90 i carabinieri e la polizia hanno arrestato dei poveri agricoltori perché coltivavano la pianta?”

Si è scelta la strada del rischio zero.
“Con risultati disastrosi: fra il 1960 e il 1970 eravamo il principale produttore di canapa dell’Occidente, con 80.000 ettari coltivati all’anno. In questo decennio, invece, la Jervolino – Vassalli e l’invasione del mercato cotonifero americano ci hanno portato ad un dato irrisorio: 280 ettari nel ’98 – ’99. Qualcuno più spregiudicato di noi – come la Spagna – si è gettato a capofitto in questo business, e ci ha strappato la leadership. A causa dell’iperproibizionismo abbiamo perso decine e decine di miliardi”.

Sarà più facile coltivare anche la canapa da fumo?
“Senta, con le fibre di canapa ci si fanno i cruscotti della Volkswagen.
Ripeto: la varietà italica ha percentuali basse di tetraidrocannabinolo, l’uso primario è quello tessile. Lei lo sa che tutti i dipinti del Rinascimento sono su canapa, i colori al latte e il giallo allo zafferano? Allora si aveva meno paura della natura di oggi”.

E’ favorevole alla liberalizzazione delle droghe leggere?
“Non sono vorevole alla liberalizzazione, tuttavia sono convinto che serva una politica di legalizzazione: l’unica via possibile per distruggere il mercato nero grazie a cui il consumo delle droghe aumenta e si diffonde”.

Sette (supplemento del Corriere della Sera) Mese di agosto 2000