Convegno Nazionale "La canapa: una risorsa pulita per un'economia ecosostenibile"

La canapa: ieri, oggi, domani

Relazione di A. Grimaldi
Ferrara 30/4/1999



La marijuana è un'erba che ha rappresentato ogni sorta di cose per ogni sorta di gente. Gli eserciti e le flotte se ne sono serviti per fare la guerra, uomini e donne per farci l'amore. I cacciatori ed i pescatori han catturato nelle sue maglie le creature più selvagge, dalla tigre al pescecane. Gli stilisti han vestito con le loro pieghe delicate le donne più eleganti. Nelle mani del boia, la sua fibra ha spezzato il collo a ladri e assassini. Gli ostetrici hanno utilizzato le sue foglie per mitigare i dolori del parto. I contadini ne hanno pestato i semi e ricavato l'olio per accendere le loro lampade. Coloro che erano addolorati hanno gettato i suoi semi in un braciere e i fumi così liberati han trasformato il loro dolore in estasi felice. (da "Marijuana, i primi 12.000 anni" di Ernst Abel).

La lettura di questo brano ci da' l'idea della storia di questa pianta. È stata la prima pianta coltivata dall'uomo che, con la sua storia di nomadismo, ha sparso sul pianeta intero la coltura e la cultura della Cannabis.
Alla luce delle attuali conoscenze, possiamo individuare nell'Asia centrale il probabile centro di diffusione della pianta. Una leggenda Indù narra come il Dio Shiva sia sceso dalle montagne indiane per donare agli uomini una pianta apportatrice di benessere. Sembra che la bevanda indicata in Omero nell'Odissea con il nome di "nephente", fosse in realtà hashish. Il termine stesso ("ne", negativo e "phente", ansietà) avvalora la tesi. Mito e storia da sempre accompagnano questa pianta.
La pianta viene introdotta in Europa ad opera degli Shiiti che la coltivavano ai bordi del Volga nel III – IV secolo a. C. Gli Shiiti ricavavano abiti dalla pianta e aspiravano il fumo delle cime fiorite nel corso di rituali funebri. Dagli scritti di Erodoto: a sepoltura avvenuta, questo popolo "per uscire dai confini dell'umana natura e comunicare con il cosmo visibile ed invisibile" era uso issare alcune tende di cuoio o di feltro, collocando al centro dei recipienti con pietre roventi sulle quali gettavano cime fiorite di cannabis.
Dopo secoli dalla scomparsa degli Shiiti, in Polonia e in Lituania, la canapa e' ancora parte integrante del culto dei morti. In Polonia, alla vigilia di Natale, si prepara ancora una zuppa di semi di canapa per offrirla agli spiriti dei morti che in questa notte visitano le loro famiglie. In Lituania è presente la stessa tradizione, semplicemente spostata al giorno dell'Epifania.
In Italia troviamo tracce della sua coltivazione intorno al IV – V secolo a.C. Grazie soprattutto agli Etruschi, la canapa divenne un binomio con il lino, e furono gettate le basi per trasformare molto più tardi il nostro paese in produttore primario a caratura internazionale.
Nel XII secolo la prima nazione europea che sviluppa sistematicamente la coltura della canapa, nazionalizzando le manifatture per garantirne la qualità, è la più grande potenza marinara: Venezia.
La canapa italiana acquista così un prestigio internazionale per la sua ineguagliabile finezza. Tutto il mondo invidia le capacità degli italiani nel trasformare la stoppa in fili di estrema delicatezza ma di enorme tenacia.
Tale tradizione è stata costantemente mantenuta nel tempo, l'Emilia e la Campania producevano filati e tessuti, il Piemonte forniva semi (Carmagnola), in tutte le altre regioni la coltivazione prosperava e copriva i fabbisogni domestici e agricoli. Oltre a produrre corde famose e ad esportarle nel mondo, anche la carta era ottenuta dalla cellulosa di canapa.
Tutto ciò avveniva fino agli anni '50, infatti in questi anni la coltivazione della canapa inizia ad avvertire pesantemente la crisi di tutto il settore, e l'economia che aveva viaggiato sulle gambe della canapa, subisce un duro colpo. Negli anni '60 (gli anni del boom economico) l'invenzione di fibre acriliche alternative a quelle naturali, economicamente più convenienti, assestano il colpo finale alla canapicoltura. In aggiunta a tutto ciò è da ricordare che nel 1961 l'Italia firmò il trattato dell'ONU che, classificando la cannabis ufficialmente stupefacente, impose ai 65 stati aderenti l'eradicazione di ogni campo di cannabis entro il 1986.
Per tutto il decennio '60 – '70, gli agricoltori si opposero alla recessione, ma tutto fu inutile. Neanche i premi d'incentivazione (lire 50.000 nell'annata '71 – '72, … fino ad arrivare ad 1.440.000 del '98 – '99) valsero, e la canapa fu messa definitivamente da parte. Anche il ricordo fu offuscato, la legge 162/'90 Jervolino-Vassalli, DPR 309/'90, facendo di "tutta l'erba un fascio", pose definitivamente la parola fine alla coltura-cultura di questa pianta.
La canapa divenne marijuana, marijuana = droga e gli agricoltori che si opposero furono denunciati ed arrestati, i campi bruciati.
In America negli anni '60, il proibizionismo è già in atto da un trentennio. Molti giovani, identificati e riconosciuti in seguito come "movimento hippy", al grido di "facciamo l'amore e non la guerra" (mai cotanto grido fu attuale!), mette in discussione tutta la cultura dominante. Viaggiando sulle ali dell'utopia, mette in moto un cambiamento epocale. Il movimento era riconosciuto e si identificava col simbolo della foglia di marijuana, la sigaretta della stessa foglia, lo "spinello", appariva sulle labbra di cantanti ed attori, giovani capelloni e donne in minigonna. I paladini del buon costume si diedero molto da fare, la repressione divenne durissima, sul campo molte vittime: milioni di persone incarcerate, interi Paesi costretti a cambiare la propria entità, a dimenticare usi e costumi, a cancellare la memoria. La marijuana continua la sua battaglia, nasce il movimento antiproibizionista nel mondo: si vuole affermare la libertà di scelta individuale; l'assurdità di negare l'evidenza; il grottesco accanimento dell'uomo contro il vegetale.
La marijuana resta una brutta parolaccia, difficile da pronunciare ed anche le sue proprietà mediche, da secoli conosciute ed apprezzate, diventano tabù.
Fine anni '80, sempre in America, la marijuana grida al mondo che trattasi in realtà di cannabis, canapa, hemp, hanf.., torna la memoria, nasce il "Movimento canapista". Il movimento ha radici profonde, aspira ad una società più rispettosa della vita e di tutte le cose viventi. La convinzione di porre più presto rimedio all'attuale disastro ambientale, diventa la bandiera del movimento. Herer riscopre la canapa, scrive "l'Imperatore è nudo", in breve tempo sorgono imprese che producono capi ed oggetti in canapa, e come in una staffetta, sorgono associazioni, giornali e punti di vendita. La Vecchia Europa si sveglia, nel '93 in Svizzera aprono i battenti una ventina di negozi, seguono a ruota Olanda e Germania. Attualmente è impossibile calcolarne con precisione il numero: la valanga canapa invade anche l'Italia. Nel '97 grazie alla circolare ministeriale del MIPA, la canapicoltura diventa una realtà anche per il nostro paese.
Attualmente sono migliaia le persone che a diverso titolo, coinvolte nella diffusione di prodotti di canapa, diffondono la buona novella: la pianta può rappresentare una medicina, una cura per il nostro pianeta gravemente ammalato.
Decine di imprenditori investono nel tessile, zootecnico, cartario.. Credono fortemente nell'espansione del mercato ed i risultati per molti non tardano ad arrivare. La fantasia di un vecchio hippy dopo anni diventa una realtà economica valutata in centinaia di migliaia di dollari e la canapa "rischia" una riabilitazione totale.