GLI SCIENZIATI SONO D'ACCORDO!

Il dibattito sulla cannabis è appassionato e confuso. Tuttavia la ricerca ha fatto molti progressi, su tutti i fronti. E, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, la maggior parte degli scienziati sono d'accordo tra loro. Ed è questo consenso che noi presentiamo qui, prendendo la decisione di rispondere alle domande che tutti si pongono.
di Olivier Postel-Vinay



Si sente dire tutto e il contrario di tutto sulla cannabis. È una droga ricreativa o un flagello sociale. Induce, oppure no, dipendenza. E', o non è affatto, la porta d'entrata verso le droghe pesanti. Provoca o non provoca schizofrenia e depressione. E così via. Dovendo giudicare in base ai numerosi rapporti, comunicati, articoli di ricercatori e di giornalisti, la comunità scientifica sembra essa stessa divisa (vedi l'articolo successivo: "La fossa dei leoni"). Scienziati che si contraddicono l'un l'altro, talvolta con violenza. Alcuni scendono nella pubblica arena per esprimersi, o vedono senza dispiacere i loro lavori diffusi dai media. In breve, sotto l'abito dello scienziato traspare la tunica del militante. Come nella maggior parte dei dibattiti dove scienza e tecnologia si mescolano - OGM, clonazione, effetto serra, nucleare -, il dibattito pubblico è offuscato dal chiasso del fervore partigiano. Ma sulla questione cannabis questo chiasso è tanto più increscioso perché maschera un consenso scientifico relativamente solido. Ecco un soggetto sul quale, in realtà, gli scienziati sono arrivati in buona sostanza a mettersi d'accordo nel corso degli ultimi anni. È questo consenso che noi vogliamo presentare. Esso si esprime attraverso rapporti collettivi di sintesi. Salvo indicazioni contrarie, i dati qui pubblicati sono tratti da tre compilazioni recenti. La prima è francese: un rapporto pubblicato nel 2001 dall'Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica (Inserm)(1). La seconda è un rapporto dell'Istituto di medicina dell'Accademia americana delle scienze, pubblicato nel 1999(2). La terza è un rapporto del Senato canadese, pubblicato nel 2003(3). La scelta che abbiamo fatto è di rispondere alle domande principali che tutti si pongono. Abbiamo desiderato rendere il testo leggibile da parte degli adolescenti che non dispongono di una solida cultura scientifica. Era necessario però fare una scelta. Abbiamo lasciato da parte la questione della produzione e del traffico illecito. E non ci occupiamo più del dibattito sui possibili usi terapeutici della cannabis. Abbiamo già trattato questo argomento su La Recherche(4) e pensiamo di tornarci in futuro.

Cos'è la cannabis?
È un prodotto psicoattivo (I) estratto dalla Cannabis Sativa, varietà Indica, un tipo diffuso di canapa che è facilmente coltivabile in quasi tutte le condizioni climatiche. Per lo più viene fumata sotto forma di sigarette, mescolata o no a del tabacco. Viene fumata inoltre con la pipa, con il narghilè o come sigaro. Può essere incorporata in biscotti o in torte, o ancora bevuta in infusione. Il principale agente attivo della cannabis, ma non il solo, è il Delta9 THC (II), identificato nel 1964. Il Delta9 THC si trova negli steli, nelle foglie, e ancora di più nei fiori delle piante femminili. La maggiore concentrazione del Delta9 THC si trova in una resina che emettono le estremità fiorali. L'haschisch, che si presenta sotto forma di barrette compresse e indurite, è principalmente costituito da questa resina. Se ne estrae anche un olio, molto concentrato in Delta9 THC, con il quale si impregna la carta delle sigarette o il tabacco. La cannabis sativa può essere coltivata in giardino, sul balcone, in pieno campo, in serra o anche in cultura idroponica (le radici sono immerse in una soluzione nutritiva). Il tenore in Delta9 THC varia secondo il sole, il clima, l'esposizione, le modalità di coltura. Se si aggiunge a questa grande varietà il carattere illegale del mercato, e dunque l'impossibilità di controllare sempre il contenuto dei prodotti consumati, si può vedere quanto sia difficile condurre studi rigorosi, fondati su dati comparabili. Si sa peraltro che in ragione dell'estensione del mercato, che ha permesso il progresso delle tecniche di selezione e coltura, la concentrazione media di Delta9 THC di un grammo di cannabis è molto aumentata dagli anni Settanta, fino a cinque volte secondo certi autori.

Cosa cerca il consumatore?
Per le persone in buona salute, un senso d'euforia, che passa attraverso una modificazione delle percezioni. Qualche istante dopo il primo sbuffo di una sigaretta, il fumatore si sente "planare". Gli effetti descritti più frequentemente sono la loquacità, l'ilarità, la socievolezza, una sconnessione dagli affanni quotidiani; sensazioni di benessere corporale e spirituale, di calma, di rilassamento, mescolati insieme ad una distorsione della percezione del tempo e dello spazio; una accentuazione delle percezioni sensoriali (colori, suoni ecc.), una distensione che cancella le immagini negative di sé e che rinforza la fiducia.
Degli impiegati stressati ci vedono un modo di rilassarsi, degli artisti uno strumento per favorire l'ispirazione. Diminuisce l'inibizione sessuale. A credere agli esperti, aumenta il desiderio nella donna e il piacere nell'uomo. Certi malati nel corpo o nell'anima cercano un effetto sedativo, calmante del dolore fisico e della sofferenza morale. È il caso dei numerosi ammalati di Aids, che ci vedono anche uno stimolante dell'appetito, e degli schizofrenici, che ci vedono un mezzo per calmare la loro angoscia.

Da quanto tempo la cannabis viene utilizzata?
Dalla lontana antichità, segnatamente in Cina e in India. È stata associata talvolta a pratiche rituali o religiose, ma è stata anche ricercata per le virtù terapeutiche che le venivano attribuite, anche in Occidente. Alla volta della Prima Guerra mondiale, il dizionario Grand Larousse enumera: "La si usa nell'asma, isteria, corea, singhiozzo, sudore dei tisici, delirium tremens, idropisia, tetano, rabbia ecc., sotto forma di estratto grasso, di tintura...".
La cannabis è da secoli una droga popolare in differenti regioni del mondo. Ha attraversato la letteratura europea del XIXº secolo: Baudelaire si proclamò capo dei consumatori di haschisch parigini. Schiavi neri ed immigrati indiani l'anno introdotta in America latina.

Da quando la cannabis è diventata, in Occidente, un problema sociale?
Dall'inizio del XXº secolo negli Stati Uniti, nelle regioni vicine al Messico. Nel 1910 la California proibì la marijuana (parola messicana). Nel 1937, L'amministrazione Roosvelt l'ha inclusa tra i narcotici (anche se non è affatto un narcotico (III)). Nel 1944 una monografia fu pubblicata su "Il problema della marijuana nella città di New York", e nel 1968 la rivista Science pubblicò una sintesi su "Gli effetti clinici e psicologici della marijuana sull'uomo". Fu poco dopo l'inizio d'una vera esplosione del consumo, ben presto descritto come un'epidemia.
Sulla scia del movimento hippy e della contestazione della guerra in Vietnam, la cannabis si diffuse tra gli adolescenti del baby-boom. Trascurabile all'inizio degli anni Sessanta, il consumo raggiunse un picco verso il 1978-1979, data in cui negli Stati Uniti più del 36 % degli allievi delle scuole superiori dichiaravano di aver fumato uno spinello nel corso del mese precedente. La percentuale in seguito si è abbassata fino ad un minimo del 12 % nel 1992, per risalire in seguito fino ad un nuovo picco nel 1997 vicino al 24 %, e poi stabilizzarsi intorno al 22% (5).

A che livello è il consumo in Europa?
Con ritardo sugli Stati Uniti, e con minore ampiezza, l'Europa ha conosciuto l'epidemia degli anni Settanta e il ritorno degli anni Ottanta. Nel 1977 una inchiesta in Francia valutava nell'11% la percentuale di adolescenti da 14 a 18 anni che avevano consumato cannabis nel corso dell'ultimo mese (6). Il paese più interessato è stato il Regno Unito, che ha conosciuto nel 1997 un picco del consumo del 23%, non del mese ma dell'anno precedente nella fascia di età fra i 16 e i 34 anni, mentre la Francia si attestava sul 17,5% tra i 15 e i 34 anni nell'anno 2000 (30% da 19 a 32 anni nel medesimo anno negli Stati uniti). Gli ultimi dati comparabili indicano una tendenza alla diminuzione in diversi paesi d'Europa, ed una tendenza al rialzo in altri (vedi grafico n. 1). Si può constatare da qualche tempo una forte tendenza al rialzo presso i giovani adolescenti in Francia. Il loro tasso di consumo nell'ultimo mese pone questo paese in testa tra i 15 e i 16 anni nel 1999, davanti agli stessi Stati uniti. Tutte queste cifre devono essere prese con precauzione, perché da una indagine all'altra i metodi differiscono. In termini generali gli esperti stimano che queste indagini sottovalutino il consumo reale. Quello che importa, sono gli ordini di grandezza e le tendenze.

Chi sono i maggiori consumatori?
Una parte dei giovani tra i 16 e i 24 anni: i ragazzi più delle ragazze (vedi grafico n. 2 a sinistra), i giovani dei quartieri benestanti piuttosto che quelli dei quartieri popolari, i figli di famiglie divise più di quelli delle famiglie stabili, e poi specialmente i giovani in difficoltà o con ritardo scolastico. Negli Stati Uniti il 6% degli allievi fanno un consumo quotidiano di cannabis (il tasso sorpassa il 10% nel 1979). In Francia il 16 % dei ragazzi di 19 anni ne prendono almeno 20 volte al mese. Il tasso è del 12% tra i ragazzi di 18 anni, dell'8% tra quelli di 17 anni e del 3% tra le ragazze di 17 anni. Qualunque sia l'età, l'80% delle ragazze non approva la gente che la prende regolarmente, contro solamente il 50% dei ragazzi di 18 anni. I ragazzi che praticano l'uso ripetuto lo fanno sovente di mattino e da soli. Il numero dei grossi consumatori si abbassa bruscamente tra i 20 e i 25 anni, cioè nell'età dell'inserimento nella vita adulta (vedi grafico n. 2 a destra). Rimane però una piccola popolazione di fumatori occasionali o inveterati, per cui i profili di consumo sono i più diversi. Quelli che fumano di più sono spesso uomini scapoli che non hanno fatto studi superiori.

Come si arriva alla cannabis?
L'età media del primo spinello si è abbassata nel corso degli ultimi trent'anni. Negli Stati uniti sarebbe passato da 19 o 20 anni alla fine degli anni Sessanta a 17 anni nel 1999. In Canada dai 16 anni degli anni Settanta ai 13-15 anni di oggi. Alcuni fanno la loro prima esperienza a 12 anni. Come? Non solo attraverso l'intermediazione di un compagno, di qualcuno più vecchio o nel corso di una sortita. L'esempio dei genitori gioca un ruolo significativo, anche se la droga consumata attraverso i genitori non è la cannabis ma, più frequentemente, l'alcool o il tabacco. Comunque sia, il giovane arriva alla cannabis praticamente sempre dopo il tabacco e (o) l'alcool. L'Ufficio francese delle droghe e tossicodipendenze (OFDT) sottolinea che prima della cannabis i giovanissimi sperimentano spesso i prodotti da inalazione (colle, solventi, etere), poi le medicine psicotrope (prese con o senza ricetta) (7). Si tratta delle le prime esperienze. Gli studi sull'uso ripetuto mostrano che generalmente il consumo sostenuto di cannabis è stato preceduto da quello del tabacco e dell'alcool, e gli resta associato: si parla di "multiconsumo". "Quando si è entrati in una pratica di consumo, le barriere tra i diversi prodotti vengono meno", constata l'epidemiologa Maria Choquet (8). Quando si assume dell'alcool in quantità importanti ci si trova, da un certo punto di vista, sul confine del consumo di altri prodotti". In Francia, il decollo recente del consumo di cannabis è correlato a una forte spinta del consumo di tabacco (vedi grafico n. 3). "I giovani consumatori vogliono meno bene alla casa, vogliono meno bene alla scuola, stanno meno bene con gli amici", annota ancora Maria Choquet. Il passaggio all'atto suicida e alla depressione sono considerati dei fattori psicopatologici associati all'assunzione regolare di cannabis. Esiste anche un collegamento con diverse altre turbe psichiche, che portano gli specialisti a parlare di "comorbilità psichiatrica". Tra i fattori di vulnerabilità emerge un "deficit di competenza sociale" del giovane (tenacia, socialità, controllo delle emozioni ecc.).

Come agisce la cannabis?
Il Delta9 THC penetra nelle membrane cellulari, passa nel sangue e, in qualche minuto, si ritrova nel cervello. Lì si lega brevemente a dei recettori scoperti nel 1990, e subito battezzati recettori dei cannabinoidi (CB1). Fu una sorpresa: sono molto numerosi, secondo i casi sui neuroni e sulle cellule gliali. Lo studio della funzione naturale dei recettori CB1 e del processo attraverso il quale il Delta9 THC va a fissarsi, forma l'oggetto di attive ricerche. I CB1 esistono presso tutti i vertebrati, ma anche in certi invertebrati come le sanguisughe. Normalmente essi accolgono, anche se brevemente, diversi cannabinoidi endogeni (prodotti dal corpo). Molti lavori pubblicati nel 2001 mostrano che essi giocano un ruolo nella regolazione del segnale nervoso. Essi contribuiscono anche a regolare l'attività ormonale. Si conosce la densità relativa dei recettori CB1 nelle diverse formazioni del cervello, e si possono distinguere le funzioni sulle quali il Delta9 THC è capace di agire. Esse sono così numerose che formano una sorta di pot-pourri: le informazioni sensoriali, il controllo della temperatura, il sonno e la veglia, la coordinazione dei movimenti, le funzioni riproduttive, l'attenzione, le emozioni, la memoria, le funzioni cognitive superiori... Oltre che nel cervello, il Delta9 THC si lega, in grado variabile, a diverse cellule del sistema immunitario, con la mediazione di altri recettori di cannabinoidi, i CB2, scoperti nel 1993. I CB1 e i CB2 sono stati riprodotti in laboratorio, e sono stati elaborati diversi agonisti (IV) e antagonisti (V) del Delta9 THC, che permettono di razionalizzare la ricerca osservando, in vitro o su dei topolini o dei ratti, se un aumento blocca l'azione delle molecole di Delta9 THC o delle molecole vicine. Sono stati anche creati dei topolini transgenici privati dei loro recettori dei cannabinoidi: essi mostrano dei difetti di motivazione!

Quali sono i suoi effetti negativi a breve termine?
Non ci sono rischi di overdose. Non è mai stato riportato alcun caso di morte dovuto direttamente alla cannabis. In compenso, una forte dose di Delta9 THC può avere effetti contrari significativi: depersonalizzazione, distorsione visuale e uditiva, errori di valutazione del tempo e dello spazio, delirio, sintomi psicotici. Nella maggior parte dei casi queste turbe spariscono due ore dopo il consumo, ma possono anche prolungarsi e giustificare una ospedalizzazione. A causa della tachicardia causata dal consumo di Delta9 THC, la cannabis è sconsigliata ai cardiaci. L'effetto del Delta9 THC è molto variabile secondo gli individui e le circostanze. Anche in debole dose, alcuni possono risentire, al posto dell'euforia desiderata, ansietà o idee depressive. Generalmente, anche a una debole dose, si trovano spesso gli effetti negativi associati all'azione sulle diverse zone del cervello: perturbazione della memoria a breve termine, difficoltà di concentrazione, minor controllo dei movimenti. Da molti studi con simulatori di guida, risulta influenzata la capacità di controllo della traiettoria e la capacità di prendere una decisione di fronte ad una situazione inattesa. Guidare l'automobile è quindi sconsigliato - e sanzionato dal Codice della strada.
Nella situazione pratica, in ragione della grande diversità dei prodotti presenti su questo mercato non controllato, è spesso impossibile per il consumatore conoscere la dose che sta assumendo, e se la cannabis è pura o mescolata ad altre sostanze. In altri casi i suoi effetti si mescolano per lo più a quelli di altre sostanze psicoattive prese simultaneamente, in particolare alcool. I giovani che fumano cannabis il sabato sera bevono anche dell'alcool, da cui l'effetto sul controllo della motricità è generalmente più pronunciato. In particolare l'alcool tende a stimolare la velocità su strada, mentre la cannabis tende a ridurla. L'assenza di studi rigorosi impedisce per ora di concludere che il suo uso è un fattore significativo di incidenti gravi.

Quali sono i suoi effetti negativi nel lungo termine?
Contrariamente al tabacco e all'alcool, considerati responsabili di più di 100.000 morti all'anno in un paese come la Francia, la cannabis non è associata ad un accrescimento della mortalità nella popolazione generale. Gli studi realizzati mostrano degli effetti negativi sulla memoria, ma in generale non sulle funzioni cognitive. Presso gli adolescenti, il consumo cronico si ripercuote sul lavoro scolastico (sonnolenza, difetto di concentrazione, difficoltà di apprendimento). Un consumo di canapa intenso e di lunga data può creare nell'adulto una sindrome detta amotivazionale (un po' come nei topolini privati dei recettori CB1): deficit di attivismo, indifferenza affettiva, rallentamento del pensiero. Queste turbe regrediscono dopo qualche settimana, o mese, d'astinenza.
Degli effetti sul sistema immunitario sono possibili, ma poco probabili e non dimostrati. Allo stato attuale delle conoscenze, il danno più serio per la salute è non il Delta9 THC, ma il fumo dello spinello, con o senza tabacco, con una composizione chimica ed effetti simili a quelli del fumo delle sigarette. Il grande consumatore di cannabis fuma meno spesso ogni giorno del grande consumatore di tabacco, ma inspira più profondamente e più a lungo il fumo della sua sigaretta senza filtro. Anche il rischio di malattie polmonari, compreso il cancro, è considerato elevato. La questione di sapere se la canapa finirà per apparire nelle statistiche di morbilità (malattie) rimane aperta.
Come per gli effetti a breve termine, è spesso impossibile o molto difficile dissociare l'effetto della cannabis da quello di altre sostanze psicoattive prese per un periodo molto lungo. C'è in particolare il caso di quando si cerca di valutare gli effetti sui comportamenti a rischio (incidenti, tentativi di suicidio, violenza...). Nella donna incinta, il Delta9 THC passa immediatamente nel feto, nel quale le concentrazioni sono uguali o superiori a quelle riscontrate nella madre. Nelle grandi consumatrici, il bambino nasce spesso in anticipo, è meno grande e meno grosso e si possono osservare diverse turbe comportamentali. Ma queste turbe scompaiono nei primi anni di vita. Sono stati segnalati degli effetti sottili sul comportamento dei bambini in età scolare, ma rimangono non dimostrati. Il rischio di turbe psicotiche indotto dal consumo di cannabis è più alto per i consumatori cronici. Una controversia senza fine oppone degli specialisti per i quali l'uso cronico della cannabis fa scattare delle schizofrenie e delle depressioni, ad altri secondo i quali questo uso presenta solo un rischio di rinforzo allorquando la malattia si è già installata, ad altri ancora per i quali queste osservazioni rivelano una semplice correlazione. La controversia è rimbalzata nell'autunno del 2002 in una serie di articoli e di reazioni pubblicate nel British Medical Journal (9). Il dibattito è complicato dal fatto che molti depressi e schizofrenici cercano un conforto nella cannabis. La maggior parte degli esperti pensano che l'ipotesi che la cannabis sia responsabile dell'installarsi di depressioni e di schizofrenie non è affatto dimostrata. In compenso sembra accertato il rischio di un rinforzo per la schizofrenia.

La cannabis crea una dipendenza?
La dipendenza (VI) forma oggi l'oggetto di una definizione psichiatrica sofisticata. Diciamo, per semplificare, che c'è il fatto, per il consumatore, di non poter più smettere di drogarsi, nemmeno se lo desidera. Ma ci sono diverse forme di dipendenza. Molte droghe, in particolare le droghe cosiddette pesanti, ma anche il tabacco e l'alcool, introducono, quando cessa il consumo, una forte sindrome da crisi di astinenza (VII), accompagnata da turbe fisiologiche. Non è questo però il caso della cannabis, per la quale una sindrome da crisi di astinenza non è stata osservata che presso i forti consumatori di lungo corso, per la durata di qualche giorno solamente e sotto forme benigne che non richiedono per esempio, l'assenza dal lavoro. La maggior parte delle droghe mostrano inoltre fenomeni di tolleranza (VIII). Non è il caso, o lo è molto raramente, dei bambini o degli adolescenti consumatori di cannabis. Nell'adulto, contrariamente a chi fa uso di droghe pesanti, non porta, in generale, alla ricerca di dosi più elevate. Al contrario, molti utenti regolari raggiungono l'effetto voluto con dosi più deboli.
La dipendenza che genera la cannabis, quando si produce, è solo di carattere psicologico. Essa compare solo in una percentuale di consumatori regolari che va dal 5 % al 20 %, un po' più nei giovani da 15 a 24 anni piuttosto che negli adulti, e due volte più nei maschi che nelle femmine. Inoltre, i due terzi delle persone dipendenti lo sono in maniera debole e moderata. La leggerezza dei sintomi di dipendenza fa sì che la decisione di rinunciare alla cannabis non è una decisione grave per una persona che non è dipendente da droghe pesanti o affetto da turbe mentali significative. Il rischio di ricaduta nella dipendenza è limitato dall'assenza di sintomi da astinenza. Di fatto, si è visto che la grande maggioranza degli adolescenti consumatori regolari si fermano all'età adulta. Il consumo regolare di cannabis entro i 20 anni ed entro i 50 subisce un'evoluzione inversa rispetto all'alcool. Il consumatore adulto modifica di solito il suo comportamento nel corso dei mesi e degli anni, oppure al contrario lo ritualizza, fissandosi delle regole che osserva scrupolosamente. È possibile, ma non dimostrato, che l'accrescimento della dose di Delta9 THC negli spinelli aggravi un po' il rischio di dipendenza.

La cannabis è una porta d'entrata verso le droghe pesanti?
Bisogna distinguere tra la teoria detta della "scalata" e quella detta della "porta d'entrata". Secondo la prima, la cannabis condurrà immancabilmente alle droghe pesanti in ragione di una sovrattivazione da parte del Delta9 THC del sistema dopaminergico (IX), detto della "ricompensa". Questa teoria non ha resistito all'esame: il Delta9 THC non ha che un effetto limitato sul sistema dopaminergico. La teoria della porta d'entrata è di natura sociologica. Essa dice che l'uso regolare della cannabis, droga illegale, porta il consumatore a voler provare altre droghe illegali, e può anche spingere le persone più vulnerabili a mettersi su questa strada. Condizionata dalla sorte, la teoria non è affatto falsa. I rivenditori di cannabis sono spesso gli stessi delle droghe pesanti, e possono proporle ai loro clienti. D'altra parte è accertato che un'iniziazione precoce alla cannabis è un indice di predisposizione a consumare droghe pesanti. Ma una iniziazione precoce alla cannabis segue a sua volta una iniziazione precoce all'alcool e al tabacco, ad un'età in cui queste droghe sono esse pure illegali. D'altra parte si sa che l'85 % dei cocainomani, per esempio, sono dei grossi bevitori. E se è vero che la quasi totalità dei consumatori di droghe pesanti sono passati per la cannabis, essi sono passati anche per l'alcool e il tabacco, droghe che danno molta più dipendenza... e per i giochi elettronici, per i quali la capacità di dare dipendenza è altrettanto dimostrata! Di fatto, secondo l'OFDT, chi sperimenta la cannabis sembra assaggiare abbastanza raramente altri prodotti. Il Senato canadese si schiera con il parere della fondazione britannica Drugscope, secondo la quale: "la grandissima maggioranza dei consumatori di cannabis non passano mai verso droghe come il crack o l'eroina". Allorché più del 30 % della popolazione generale canadese ha sperimentato la cannabis almeno una volta nella vita, meno del 4 % ha consumato della cocaina, e meno dell'1% dell'eroina.

Quale lezioni trarre dalle esperienze di depenalizzazione?
La politica repressiva verso il consumo e la vendita di cannabis varia sensibilmente da un paese all'altro. Numerose esperienze di depenalizzazione sono state condotte dal 1973, data a partire dalla quale molti stati americani si sono messi su questa strada. I Paesi Bassi hanno deciso dal 1976 di tollerare il possesso di una piccola quantità di cannabis e, dal 1984, di tollerarne la vendita in certi caffè. La conclusione degli esperti è unanime: Per la cannabis la scelta di reprimere severamente o, al contrario, di tollerare è stata più o meno senza effetto. "Non ci sono indici che dimostrino che la depenalizzazione dell'uso di cannabis conduce ad un accrescimento sostanziale del consumo", scrive l'Istituto di medicina dell'Accademia americana delle scienze. "La diffusione della cannabis e il suo consumo sembrano indipendenti dalle leggi adottate", scrive l'Inserm. "I tassi di consumo della cannabis variano largamente tra i paesi, senza legame apparente con le politiche pubbliche", conclude dal canto suo il Senato canadese. Il lettore troverà su www.larecherche.fr una tabella comparata delle pratiche repressive attuali in un certo numero di Stati.

La Recherche, mars 2003, n. 362
www.larecherche.fr


NOTE:

I - Psicoattivo: la parola è usata dagli specialisti per designare l'insieme dei prodotti naturali o sintetici che agiscono sulla psiche. Essi includono quindi il tabacco e l'eroina, il caffè e gli antidepressivi, l'alcool e l'LSD e così via.

II - Il Delta9 THC (Delta9 tetraidrocannabinolo) è uno dei 66 cannabinoidi presenti nella cannabis. Il più attivo dopo il Delta9 THC è il Delta8 THC, meno abbondante.

III - Un narcotico è una sostanza che provoca uno stato di torpore o un sonno artificiale. L'oppio è un narcotico, così come numerosi prodotti utilizzati come anestetici.

IV - Agoniste: tutte le molecole (leganti) che attivano specificatamente un tipo di recettore dato, sono dette agoniste di quel recettore.

V - Antagoniste: una sostanza che, fissandosi sul medesimo recettore, blocca gli effetti dell'agonista, è detta antagonista.

IV - La dipendenza è definita dal manuale DSM-IV dell'Associazione psichiatrica americana come la presenza simultanea nell'individuo, nel corso di un periodo continuo di dodici mesi, di tre sintomi facenti parte di una lista di nove. Questa definizione è stata fatta propria dagli esperti dell'Inserm.

VII - Crisi di astinenza. Sono disturbi intensi di natura fisica e psichica, che si manifestano quando viene sospesa la somministrazione della droga, o la sua azione è neutralizzata da un prodotto antagonista.

VIII - La tolleranza designa quello che si ottiene quando il consumo cronico provoca una diminuzione della risposta dell'organismo o una capacità più grande di sopportare i suoi effetti. È la tolleranza che produce i sintomi da crisi di astinenza.

IX - La dopamina è il neurotrasmettitore che si libera nel meccanismo di dipendenza osservato con la cocaina, le anfetamine, l'eroina, la nicotina o l'alcool. La liberazione di dopamina attiva il circuito della ricompensa che procura il piacere.


Riferimenti bibliografici

(1) "Cannabis. Quels effets sur le comportement et la santé?" Inserm, décembre 2001, 420 p.
(2) "Marijuana and medicine, assessing the science base", Institute of Medicine, The National Academy of Sciences, 1999, 260 p.
(3) "Le cannabis: positions pour un régime de politique publique pour le Canada", rapport du comité spécial du Sénat sur les drogues illicites, septembre 2002, 690 p.
(4) Daniele Piomelli, "De la drogue au médicament", La Recherche, septembre 1999.
(5) National Institute on Drug Abuse, www.drugabuse.gov
(6) Denise B. Kandel et al., American Journal of Public Health, 71, 265-65, 1981.
(7) OFDT, "Indicateurs et tendances 2002", www.ofdt.fr/accueil.html
(8) "Psychopathologie de l'adolescent et usage du cannabis", actes du colloque, Collège international de l'adolescence, 17 novembre 2000.
(9) BMJ 2002: 325,1183-4,1195-8, 1199-1204, 1212-3 et lettres électroniques publiées sur www.bmj.com

PER SAPERNE DI PIU'
www.ofdt.fr/accueil.html
(Sito de l'Office francais des drogues et des toxicomanies - OFDT)
www.drugscope.org.uk
(Sito della fondazione britannica Drugscope)

DIDASCALIE
Grafico n. 1.
Il consumo di cannabis nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni (almeno una volta negli ultimi dodici mesi), ha un andamento diverso nei diversi paesi.

Grafico n. 2.
I ragazzi sono maggiori consumatori delle ragazze, ma il consumo crolla per tutti al momento dell'entrata nell'età adulta. Il grafico a sinistra proviene da un'inchiesta condotta in Francia nel 2001; si tratta di giovani che hanno consumato cannabis per più di dieci volte nel corso degli ultimi trenta giorni.
Il grafico a destra risulta da un'inchiesta realizzata in Francia tra la popolazione generale. Il consumo è quello dei dodici mesi precedenti.

Grafico n. 3.
C'è una forte correlazione tra il consumo di tabacco nei giovani di 16 anni, e quello della cannabis (almeno dieci volte al mese).