FRANCIA: LA FOSSA DEI LEONI

Dovunque appassionato, il dibattito sulla cannabis lo è forse specialmente in Francia. Al confronto destra-sinistra si sovrappone una vera guerra tra una parte dell'establishment ospedaliero-universitario legato ai partiti di destra, e l'elite della comunità scientifica, abituato a smascherare le conclusioni affrettate.
di Thierry Kubler



Prendete un animale di laboratorio, iniettategli regolarmente del THC, il componente attivo della cannabis. Poi svezzatelo brutalmente: cosa gli succederà? Tutto e niente: voi non siete che all'inizio di un'esperienza che cristallizza i rapporti tra scienza e potere. Esaminiamo i topolini e i ratti del professor Jean Costentin, direttore dell'unità CNRS di neuropsicofarmacologia della facoltà di medicina di Rouen: per loro, l'arresto brusco della somministrazione di THC induce una sindrome da crisi di astinenza. Arresto brusco? Accumulato nei grassi dell'organismo, il THC rimane a lungo nei tessuti: per essere brutale, la crisi di astinenza dovrà allora essere ottenuta somministrando ai roditori un antagonista dei recettori della cannabis. Movimenti sbuffanti, stropicciamento del muso, "la cannabis suscita una dipendenza fisica, che è stata finora il criterio che è servito a caratterizzare le droghe pesanti", indica il professor Costentin, in un numero speciale del bollettino dell'Accademia nazionale di medicina, nel febbraio 2002 (1). I suoi lavori vanno elegantemente ad influenzare un rapporto allarmista dell'Ufficio parlamentare di valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche (OPECST), apparso lo stesso mese e e redatto per conto di Jean-louis Debré, allora presidente del gruppo RRR all'Assemblea nazionale. "Dei lavori scientifici recenti sembrano stabilire l'esistenza d'una dipendenza fisica dalla cannabis", sostiene il deputato RRR Christian Cabal, autore del rapporto e professore alla facoltà di medicina di Saint-Etienne (2). Per lui la cannabis è un "passaggio verso l'eroina".
Ritorniamo dai topolini, ma cambiamo laboratorio. Si accede a quello del professor Bernard Roques (ex-direttore d'una unità Inserm-CNRS, gran premio della Fondazione per la ricerca medica nel 2001), dopo aver costeggiato un'aiuola del giardino della facoltà di farmacia Parigi V, dove insegna scienze farmaceutiche e biologiche: "Se svezzate un animale dalla cannabis, posso affermare che non gli succederà niente, salvo che voi gli somministriate un antagonista: in questo modo avrete dei piccoli sintomi, ma che non hanno niente a che vedere con la deprivazione di eroina o di alcool, per esempio", afferma Bernard Roques. "Non esiste una vera dipendenza fisica dalla cannabis. Naturalmente, se volete assolutamente provare qualcosa, finirete per trovare un piccolo trucco a forza di accanirvi a fare delle manipolazioni sugli animali. Ma, appunto, non si trovano gli stessi risultati con dei topolini transgenici e dei topolini normali. Bisogna restare sereni e procedere adagio...".
Un discorso approvato da Jean-Pol Tassin, direttore della ricerca all'Inserm: la cannabis non induce secondo lui alcuna dipendenza fisica (3). Egli contesta che si possa sostenere il contrario appoggiandosi a una dimostrazione ottenuta con degli antagonisti. Invitato dall'AFP, nel febbraio 2002, a commentare gli scritti del professor Costentin, per il quale "la cannabis costituisce una via privilegiata per l'eroina", Jean-Pol Tassin deplora che "la parola di un ricercatore isolato prenda il posto del lavoro portato avanti da 25 scienziati per sei mesi, e ci faccia ricadere nel dibattito ideologico e nella demonizzazione", e qualifica come una "caricatura" il rapporto dell'OPECST (4). Di fatto, questo rapporto e il Bollettino dell'Accademia nazionale di medicina apparvero sei mesi dopo un'expertise collettiva del principale istituto di ricerca pubblico sulla sanità, l'Inserm, le cui conclusioni sono oltremodo prudenti (5).
"E soprattutto, erano tre mesi prima dell'elezione presidenziale", glissa, furioso, Bernard Roques, che suggerisce che la "demonizzazione" della cannabis sia stata telecomandata da parlamentari della vecchia opposizione, contenti di mettere in imbarazzo un partito socialista incerto tra una prudenza attendista e le vociferazioni dei Verdi, partigiani della legalizzazione. "Perché ordinare un nuovo rapporto quando c'è quello dell'Inserm?", insiste Bernard Roques, evocando il compendio di 420 pagine che analizzano i dati scientifici disponibili su una base documentale forte di 1200 articoli.
Bernard Roques è lui stesso autore di un rapporto realizzato nel 1998 su richiesta del segretario di Stato alla Sanità, Bernard Kouchner. Sostenendo che la cannabis possiede una tossicità inferiore a quella dell'alcool e del tabacco, scatenò violente polemiche. Allora, dieci tossicologi avevano reso pubblici i loro interrogativi su Le Figaro: "Come mai gli esperti del rapporto Roques hanno potuto concludere che la cannabis è meno dannosa del tabacco e che possiede una tossicità generale debole?". Questi tossicologi incolleriti argomentano, tra l'altro, di turbe della riproduzione tra i fumatori di cannabis, del resto segnalati nel rapporto: "Queste turbe della riproduzione sono state dimostrate in un gruppo di 16 consumatori di cannabis nel 1990, anche se questa cosa non è stata fatta ancora oggetto d'uno studio epidemiologico" (6). Tra i firmatari molti professori di università e direttori di laboratori ospedalieri, di cui uno collegato all'Inserm. Nessuno tra loro peraltro faceva parte, ad esempio, degli scienziati scelti dall'Accademia delle scienze per redigere il rapporto "Stato della ricerca tossicologica in Francia", pubblicato nel 1998.
Rapporto Roques
Immersi nei giochi politici degli uomini, ecco che ci siamo di nuovo allontanati dai topolini, e abbiamo rigettato il sogno ingenuo di una verità scientifica... "Quando si dice: 'la tale scienza dimostra che...', la questione è e deve essere: a quale domanda risponde questa dimostrazione?", sorride Isabelle Stengers, filosofo della scienza all'università di Bruxelles e gran premio di filosofia dell'Accademia francese nel 1993(7). Perché iniettare a dei topolini delle forti dosi di THC (aberranti se le si rapporta ad un modello umano) e poi svezzarli somministrando un antagonista, se non perché si vuol constatare, costi quel che costi, una sindrome da crisi di astinenza? Quando, secondo il rapporto dell'Inserm, "nessun segno della sindrome da crisi di astinenza spontanea dal THC ha potuto essere sperimentalmente dimostrata" nell'animale, tanto che, nell'uomo la dipendenza "appare solo e prima di tutto come di ordine comportamentale" e quindi "è generalmente considerata come non accompagnata da dipendenza fisiologica".
"Gli scienziati non dovrebbero avere grandi cose da dire sulla cannabis se fossero onesti", rilancia Jean-Pol Tassin. "Ma intervengono un mucchio di altri elementi: il campo di appartenenza politica, l'esperienza personale - o la mancanza di esperienza - sull'argomento, l'angoscia di riuscire a dimostrare - o di non riuscire a dimostrare - qualcosa davanti ai propri figli ecc. Da parte sua la cannabis è meravigliosa: è un argomento sufficientemente composito per poter dire quello che si vuole". Tanto più che la sua proibizione viene rivestita di una grande carica simbolica.
"E' la difesa dei valori della nostra civiltà che è in gioco. Dopo la liberazione sessuale, la generazione che ha vissuto il 1968 e che resta molto attaccata al suo passato rivoluzionario, vuole far saltare quest'ultimo catenaccio della società", valuta Damien Meerman, un professore di filosofia, sotto questo pseudonimo, anima del dibattito sul pericolo-droga, un sito Internet che vanta più di 250.000 connessioni in tre anni (8). Questo strumento informativo è finanziato dalla Fondazione dei servizi politici, che si propone di "rischiarare la società con lo spirito cristiano" e fornire, sotto l'impulso del Concilio Vaticano Secondo, delle idee ai responsabili della politica. Vi si ritrovano uomini della destra estrema, tal Francois-Xavier de Guibert, editore di Maurice Papon. Simbolicamente, la lotta contro la cannabis sarà anche l'ultimo baluardo contro la permissività completa che guadagnerebbe la nostra società.
"I dibattiti suscitati dalla droga in Francia restano nella maggior parte dei casi ideologici, ciascuno difendendo delle posizioni molto controverse con una tranquilla indifferenza ai fatti e ai lavori scientifici", osservava già il professor Roger Henrion, nell'introduzione al suo rapporto sulla droga in Francia, consegnato nel 1995 a Simone Veil, ministro della Sanità. Sette anni dopo il suo rapporto, e dopo aver presieduto l'Osservatorio francese sulle droghe e le tossicomanie dal settembre 1996 all'aprile 1999, Roger Henrion si rammarica "degli anatemi e delle dichiarazioni ex abrupto" che scuotono la comunità scientifica. E impegnandosi a dimostrare, con una affabile cortesia, che tutto non è che questione d'interpretazione, questo membro dell'Accademia di medicina deplora "la propensione di certi scienziati, nei loro articoli a proposito della cannabis, a scegliere le citazioni che li confermano e di tagliare quelle che li smentiscono". Ce n'è abbastanza per far perdere l'orientamento ai cittadini desiderosi di risalire alle sorgenti delle informazioni.
A chi credere, dov'è l'arbitro? Per la maggior parte degli scienziati interrogati - ed è proprio così! - "la questione non si pone nemmeno", "ascoltate quello che dice la comunità scientifica internazionale e non avrete più dubbi", "ma alla fine tutti sanno bene che..." Tutti? E' così semplice, per il medico, per l'educatore e per tutti i non iniziati, distinguere la componente ideologica da una posizione affermata "scientifica", e orientarsi tra le dispute feltrate tra le istituzioni competenti, a priori tutte altrettanto rispettabili le une quanto le altre? Di più, una parte della comunità scientifica preferisce visibilmente lavare i panni in famiglia. Così gli occhi si levano al cielo quando viene evocato il professor Gabriel Nahas, crociato della lotta contro la cannabis dagli anni Settanta: "Non si spara su un'ambulanza...". Questo ricercatore francese, membro un po' eccessivo della famiglia, è stato ad ogni buon conto professore del Collegio dei medici e chirurghi dell'Università della Columbia (Stati Uniti), e consigliere speciale presso il commissario delle Nazioni Unite per i narcotici. E' stato anche il "signor droga" di uomini politici quali Jacques Chirac e Charles Pasqua. Distribuiti su vent'anni, dal Concorso Medico su le Figaro passando per numerose riviste specialistiche, i suoi articoli continuano a nutrire una buona parte dell'opinione pubblica. Ma non tutti gli scienziati hanno la delicatezza dei loro colleghi francesi: nel 1994 due farmacologi australiani hanno passato al setaccio un articolo di Nahas sulla tossicità della marijuana apparso due anni prima sul Medical Journal of Australia (9). Essi hanno confrontato i risultati attribuiti da Nahas ai 35 studi citati nel suo articolo con il contenuto degli studi in questione: i risultati di 28 di questi studi sono risultati riassunti in maniera inesatta, con sempre gli stessi sotterfugi per peggiorare gli effetti della marijuana. Due altri riferimenti sono troppo oscuri per permettere di identificare la fonte (10). "Al di là degli a priori ideologici o politici molto importanti, le conclusioni scientifiche di un'expertise possono essere influenzate da grossi interessi professionali. Quando siete stati incaricati, al fine di decidere un finanziamento colossale, di fare un rapporto ad un ministro le cui opinioni sono chiaramente ben conosciute, potete essere tentati di fare una relazione, non diciamo orientata, ma addolcita. Oppure potete fare un rapporto scientificamente valido, ma con delle conclusioni false", afferma Patrick Mura, praticante ospedaliero presso il laboratorio di biochimica e tossicologia del CHU di Poitiers, primo della lista dei firmatari della lettera aperta contro le conclusioni del rapporto Roques. A fianco del professor Costentin, è lungamente citato come esperto nel rapporto dell'OPECST, e i suoi studi sulla relazione tra il consumo di cannabis e gli incidenti stradali hanno influenzato il testo della proposta di legge che reprime la guida sotto l'influsso degli stupefacenti, votata l'8 ottobre 2002 dall'Assemblea nazionale, ed emendata il 19 dicembre in senso più restrittivo dal Senato. Ma cosa valgono gli studi del dottor Mura? Nel Bollettino dell'Accademia di medicina del febbraio 2002 egli presenta uno studio basato sull'analisi del sangue di 900 conducenti che hanno avuto un incidente, e di 900 soggetti di controllo. Risultato: "Per i minori di 27 anni, la frequenza degli incidenti è moltiplicata per 2,5 con la sola cannabis". Per comprendere la metodologia che ha permesso di arrivare a questa stima, è necessario fare riferimento all'articolo di origine, indicato nella nota n. 23: Annali di tossicologia analitica n. 13, p. 306, 2001. Questa rivista confidenziale è l'organo della modesta Società francese di tossicologia analitica, la cui sede sociale è precisamente il laboratorio di Patrick Mura, vicepresidente della società. E non c'è la possibilità di accedere al medesimo articolo al fine di poter valutare la metodologia impiegata. Il credito accordato a questo studio è tanto più sorprendente in quanto una grossa inchiesta epidemiologica, condotta secondo le regole dell'arte, è attualmente in corso. Essa è pilotata dall'Osservatorio francese sulle droghe e le tossicomanie, il cui collegio scientifico è presieduto dal professor Got. "La legge Gayssot ha affidato, insieme a mezzi colossali, un'inchiesta al professor Got, basata su 10.000 morti per incidenti stradali", si difende il dott. Mura. "Ma non è il caso di attendere 10.000 morti per legiferare, anche se al professor Got può dispiacere che altri studi gli taglino l'erba sotto i piedi!"
"Tu che hai il potere di convocare gli esperti, mostrami quali esperti riunisci, e io ti dirò come intendi porre il problema, e il tipo di risposta che - in tutta obiettività - tu cerchi di ottenere", apostrofa Isabelle Stengers (7). "In Francia bisognerebbe definire un credibile statuto dell'attività di expertise", sostiene l'economista e sociologo Olivier Godard, specialista del principio di precauzione. "L'inquadratura, la formulazione delle questioni poste, la scelta dei differenti intervenienti, in caso di expertise collettiva, dovrebbero costituire l'oggetto di una concertazione (eventualmente pubblica) tra gli scienziati e il committente di un'expertise", aggiunge questo direttore di ricerca del CNRS. Se degli istituti quali l'Inserm e l'Afssa (Agenzia francese della sicurezza sanitaria degli alimenti) sono riusciti a dotarsi di quadri rigorosi per condurre le loro ricerche, resta il fatto che una verità scientifica non è sempre politicamente giusta. Il ministro della Sanità, Jean-Francois Mattei, l'ha ricordato a proposito della cannabis, nell'ottobre 2002 su France 2: il rapporto Roques "ha dimostrato che si può confondere l'alcool, il tabacco, le droghe pesanti (...) perché il meccanismo è lo stesso a livello dei neuroni. Ma ciò che è vero da un punto di vista scientifico non lo è affatto nella pratica". Tieni!


Riferimenti bibliografici

(1) "Drogues illicites d'aujourd'hui et santé" Bulletin de l'Académie nationale de médecine, numéro spécial, février 2002.
(2) www.assembleenat.fr/legislatures/11/pdf/rapoecst/i3641.pdf
(3) "Cannabis: un stupéfiant à démistifier", La Recherche, n. 287, mai 1996.
(4) Libération, 25 février 2002.
(5) Cannabis. Quesl effetssur le comportement et la santé?, Inserm, 2001.
(6) Le Figaro, 1º juillet 1998.
(7) Sciences et pouvoirs, La Découverte, 1997.
(8) www.drogue-danger-debat.org
(9) G. Nahas et C. Latour, Medical Journal of Australia, 156, 495-7, 1992.
(10) J. Christie Macdonald et Gregory B. Chesher, Drug & Alcohol Review, 13, 209-216, 1994.

PER SAPERNE DI PIU'
www.larecherche.fr
Leggere la tabella sullo stato della legislazione sulla canabis nei diversi paesi
www.drogues.gouv.fr
Sito della missione internazionale della lotta contro la droga e la tossicodipendenza