L'annoso problema di distinguere la canapa da fibra da quella da droga

La coltivazione della canapa da fibra è attualmente oggetto di ampie discussioni in Europa e in tutto il Mondo. Anche in Italia si dovrebbe giungere ad una decisione che tenga conto delle varie esigenze e non dia adito a contestazioni
Gianpaolo Grassi, Alberto Caruso

Il quantitativo di canapa importata complessivamente nel mondo, nel 1994, è stato di 6.600 tonnellate di fibra e quello di semi è stato di 22.800 tonnellate, per un valore complessivo di alcune centinaia di milioni di dollari. In Italia, nel 1995 sono stati importati l'equivalente di 972.000 dollari di fibra e circa 943.000 dollari di semi di canapa (dati Faostat). Attualmente, nel nostro Paese, la produzione interna ufficiale di canapa da fibra può essere stimata in qualche quintale di steli, ottenuta esclusivamente in alcuni centri di ricerca autorizzati dal Ministero della sanità a sperimentare la canapa, ottemperando alle disposizioni del dpr n. 309 del 9 ottobre 1990. A dispetto di questa scarsa produzione l'interesse sulla canapa industriale nel nostro Paese è grande, in particolare per l'impiego nell'industria tessile e in quella cartaria. Le ragioni di questo rinnovato interesse sono i 25.000 diversi prodotti (molti commercializzati come biologici) che si possono ottenere dalla canapa, gli ottimi aspetti agronomici di questa coltivazione (completamente neutra dal punto di vista dell'inquinamento ambientale perché non richiede trattamenti chimici di sorta), un potere diserbante del terreno insuperabile rispetto a qualsiasi altra coltivazione erbacea e, non ultimo, l'aiuto economico, fissato forfettariamente ogni anno (circa 1.300.000 lire per ettaro di coltivazione), che la Comunità Europea concede (regolamento del Consiglio n. 1308 del 29 giugno 1970).
In Italia nessuna legge vieta la coltivazione della Cannabis sativa è invece proibito coltivare la Cannabis indica dalla quale si ottiene la marijuana, l'hashish ed altre droghe. Più precisamente, la Corte suprema di cassazione ha chiarito che per Cannabis indica si intende Cannabis idonea a produrre l'agente psicotropo e ciò indipendentemente dalla quantità di delta-9-tetraidrocannabinolo (D-9-THC) estraibile, configurando nella coltivazione di qualsiasi canapa un tipico reato di pericolo. Successivamente è stato stabilito che la soglia dello 0,5% di D-9-THC fa rientrare una pianta di canapa nel campo di applicazione dell'articolo 26 del dpr n. 309/90 che regolamenta le sostanze stupefacenti. Purtroppo le attuali conoscenze scientifiche, a noi note, non permettono di classificare la canapa in due distinte specie e tanto meno discriminare in modo inequivocabile la Cannabis sativa dalla Cannabis indica, di conseguenza è impossibile distinguere visivamente la canapa da fibra da quella da droga. E´ vero che alcuni tipi selezionati per la produzione di droga sono caratterizzati per una elevata produzione di fiori e presentano una taglia più ridotta rispetto a quella da fibra. D'altro canto però, nei fornitissimi cataloghi di varietà di canapa da droga che si trovano sui diversi siti Internet, si può verificare che la distinzione tra Cannabis sativa e Cannabis indica è qualcosa che esula dal contenuto di D-9-THC, probabilmente i due tipi sono distinti più per un particolare aroma del fumo che non per il loro contenuto di sostanza allucinogena, che può essere molto alto in entrambe le specie. Tra l'altro, in questi cataloghi sono disponibili ibridi a 3 o 4 vie ottenuti anche dall'incrocio tra questi due tipi, indice di un notevole lavoro di miglioramento genetico ad un buon livello scientifico. Gli enormi interessi economici che girano attorno alla canapa da droga fanno supporre che ogni intervento finalizzato a caratterizzare e distinguere in qualche modo i due tipi di canapa sarebbe prima o poi copiato dai selezionatori che operano nel settore della canapa da droga, salvo ottenere dei semi che risultassero completamente sterili (seme triploide). A questo proposito dobbiamo tenere presente che in Olanda le ditte che commercializzano i semi, le piante, i principi attivi per l'industria farmaceutica, e tutto ciò che deriva dalla canapa da droga, operano in piena legalità e di conseguenza hanno ingenti capitali da impiegare anche nel miglioramento genetico.
In Italia le attuali condizioni operative delle Forze di polizia e le più frequenti interpretazioni della legge da parte dei magistrati in merito ai sequestri di piante di canapa fanno sì che un agricoltore che tenti di seminare questa pianta possa incorrere, quasi certamente, in un sequestro della coltivazione, per poi, eventualmente recuperare il prodotto, ma con tempi lunghi e costi legali sensibili. A testimonianza di quanto detto c'è il caso del sequestro di una piccola parcella di canapa che il direttore del Museo della civiltà contadina di Bentivoglio (Bologna) aveva impiantato nel 1996 per poter disporre della minima quantità di materiale necessario per mostrare al visitatori del museo come operavano le macchine utilizzate per la lavorazione della canapa. In quel caso, il sequestro scattò per una imprecisione sulla data dell'autorizzazione, che comunque era stata chiesta.
In contrapposizione a questo caso c'è poi la situazione riguardante la circolazione di semi di canapa nel nostro Paese. I semi di questa pianta possono essere utilizzati e venduti per diversi usi: alimentazione animale, estrazione di oli, ecc. Tutti i semi dovrebbero essere stati resi inattivi mediante trattamento termico. In realtà, nei negozi che vendono mangime per uccelli è possibile reperire dei semi di canapa germinanti; infatti, abbiamo recuperato in due località diverse, in altrettanti negozi, tre miscugli che contenevano in diverso rapporto semi di canapa (dal 5% al 20%), oltre ad un campione di canapuccia (Cannabis sativa) tal quale. Questi quattro miscugli sono stati seminati a Bologna nel 1995 e saggiati per il loro contenuto di D-9-THC mediante l'analisi gascromatografica. I valori medi di D-9-THC (tre ripetizioni), erano 0,06%, 0,07%, 0,08% e 0,46% della sostanza secca. I primi tre contenuti sarebbero anche ammessi, se vogliamo considerare il limite europeo dello 0,3%, l'ultimo lo supera abbondantemente, ma è ancora sotto al limite dello 0,5% che la legge italiana considera oggetto di sequestro. Va detto che la variabilità del contenuto di D-9-THC nelle piante di una stessa varietà è molto elevata, potendo arrivare al 150%; perciò, tra le piante reperite liberamente nei negozi c'era certamente qualche individuo considerabile da droga.
Le nostre autorità giustificano la proibizione della coltivazione della canapa da fibra per le stesse ragioni degli Stati Uniti, basandosi entrambi sulle osservazioni del Fondo delle Nazioni unite per il controllo delle droghe da abuso (Unfdac), che ha dichiarato che la liberalizzazione della coltivazione della canapa da fibra porterebbe verosimilmente ad un aumento della circolazione e diffusione della marijuana (canapa da droga). In altri Paesi come l'Australia, sebbene la coltivazione della canapa sia proibita, alcune aziende selezionate (circa 100) hanno già ottenuto il permesso di coltivazione della canapa da fibra per prove sperimentali. Così stanno facendo da qualche anno Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna e altri Paesi europei. Persino in America, dove gli impedimenti verso la liberalizzazione della coltivazione della canapa da fibra sono molto forti, l'Associazione degli agricoltori più importante (American farm bureau federation) ha approvato una risoluzione alla sua annuale assemblea che prevede la reintroduzione della canapa e l'Associazione delle cooperative dei coltivatori di canapa del Kentucky ha mosso la richiesta di avvio di ricerche finalizzate a valutare le potenzialità produttive della canapa per gli agricoltori americani. Anche in Italia, da alcuni anni il Ministero per le politiche agricole sta cercando di soddisfare le numerose richieste che provengono dagli Assessorati all'agricoltura di molte Regioni e dalle Associazioni dei produttori che vorrebbero la reintroduzione della canapa da fibra. Tali pressioni hanno pure favorito la ripresa presso questo Istituto delle ricerche sulla canapa da fibra, a partire dal 1994.
Con la circolare del ministro per le politiche agricole (prot. 1º-734 del 2 dicembre 1997) riguardante le disposizioni relative alla coltivazione della Cannabis sativa (canapa da tiglio), gli Assessorati regionali sono stati informati degli accordi tra i vari Ministeri interessati e sulle disposizioni nazionali relative alla norma per la coltivazione delle canapa da fibra. Nei prossimi mesi si potrà verificare se i problemi legali sono stati del tutto risolti con questo provvedimento. Temendo però che qualcosa sia ancora poco chiaro, è in corso di presentazione anche il disegno di legge riguardante la coltivazione della canapa proposto dalla senatrice Mazzucca Poggiolini e dall'Onorevole Manconi che dovrebbe chiarire se è possibile coltivare liberamente la canapa (indica o sativa che sia) qualora il contenuto di THC sia inferiore allo 0,3%.

Le problematiche relative all'analisi del THC
Il potenziale psicoattivo di questa pianta è dovuto al contenuto di delta-9 e delta-8-tetraidrocannabinolo; nella varietà da droga il D-9-THC può raggiungere il 12-15% della sostanza secca, mentre in quella da fibra è normalmente presente in concentrazioni da 10 a 100 volte inferiori; infatti, le cultivar autorizzate alla coltivazione dalla Unione Europea hanno o dovrebbero avere un contenuto massimo di D-9-THC di 0,3%. In pratica, chi provasse a fumare la canapa da fibra si procurerebbe probabilmente un bel mal di testa, un pessimo sapore in bocca e dovrebbe fumarsi forse alcune sigarette prima di incominciare a percepire qualche effetto allucinogeno. E´ sicuramente a tutti chiaro che non è la stessa coltivazione di canapa da fibra ad essere pericolosa per la salute dei cittadini, ma si suppone che la liberalizzazione della coltivazione di migliaia di ettari di canapa favorirebbe l'occultamento della canapa da droga all'interno delle piantagioni. In effetti, i selezionatori non ufficiali, hanno ultimamente prodotto varietà di canapa da droga con le stesse caratteristiche di quella da fibra (forse in previsione di camuffare le piante nei campi di coltivazione della canapa industriale).
Si riconosce agli Organi di polizia la grossa difficoltà di impedire o quanto meno tenere sotto controllo la circolazione delle sostanze stupefacenti. Sarebbe un lavoro immane verificare, sulla base delle vigenti leggi (1), nelle aziende dove è coltivata la canapa da fibra, la presenza di piante da droga occulte. A nostro avviso, per velocizzare le operazioni, invece di ammettere solo l'analisi gas-cromatografica come metodo di valutazione del contenuto di D-9-THC nella canapa, dovrebbero essere previsti due tipi di controlli; il primo di tipo preliminare, effettuato su un campione di piante più limitato rispetto a quello attualmente previsto (500 piante), con diversi strumenti analitici di tipo chimico o immunologico, possibilmente realizzabile direttamente in campo. Il secondo metodo, basato su tecniche chimico-analitiche più sofisticate, dovrebbe essere adottato solo nel caso in cui il primo controllo avesse dato esito positivo. E´ opinione abbastanza diffusa che già 50 piante riunite costituirebbero un campione rappresentativo per il primo controllo. In alcuni lavori scientifici, l'analisi è stata eseguita su 20 piante riunite (de Meijer et al., 1992) ottenendo dati attendibili e riproducibili. Presso l'Istituto sperimentale per le colture industriali sono stati comparati i risultati ottenuti con l'analisi gas-cromatografica di un campione di canapa derivato da 500 piante con uno ottenuto da 30, 20 e 10 piante della stessa coltivazione. I dati ottenuti sono riportati in tabella 1. Come si può notare, la variabilità dei dati è ampia, ma già con un campione di 20 o 30 piante si ottiene una stima del contenuto di D-9-THC abbastanza attendibile. Solo nel caso in cui il valore di D-9-THC superi il valore soglia, che nel nostro caso potrebbe essere considerato lo 0,2%, sarebbe opportuno effettuare un campionamento più ampio o ripetere l'analisi più volte, visto che anche la stessa ripetizione dell´analisi sul medesimo campione di canapa ha una discreta variabilità.
Normalmente, per le cultivar da fibra italiane il contenuto di D-9-THC oscilla attorno allo 0,1% come massimo (Fibranova), mentre la cultivar Carmagnola si attesta su contenuti percentuali anche 10 volte più bassi. In questi casi la valutazione dei contenuti di D-9-THC è abbastanza agevole anche con campioni ottenuti da un numero limitato di piante; discorso a parte si deve fare per le cultivar attualmente reperibili sul mercato europeo, quali la cultivar Kompolti o le cultivar francesi. La prima cultivar molto spesso raggiunge livelli di D-9-THC vicini al limite e nel 1997, in Pianura Padana ha superato ampiamente il limite ammesso (> di 1%).
Il metodo di estrazione ufficiale che prevede l'uso di solvente (etere di petrolio) andrebbe pure rivisto perché la doppia estrazione, ciascuna per un tempo di 24 ore, non ha un giustificato motivo per essere effettuata. Anche in questo caso abbiamo comparato il contenuto di D-9-THC estratto da una singola solubilizzazione del campione in etanolo assoluto con quello ottenuto da una estrazione doppia con il medesimo solvente e si è verificato che la concentrazione di D-9-THC rilevata al gas-cromatografo con la doppia estrazione non si discosta da quella con singola estrazione, anzi talvolta è pure inferiore. In un'altra prova è stato verificato che attraverso una singola solubilizzazione di 100 mg di polvere di foglie di canapa con 1 ml di metanolo, protratta per 15 minuti, la quantità di D-9-THC rilevabile è identica a quella ottenuta con una estrazione protratta per una notte con agitazione. Sono stati adottati anche altri procedimenti di estrazione per accelerare la solubilizzazione del D-9-THC, ad esempio mediante ultrasuoni, senza però ottenere apprezzabili miglioramenti. A nostro avviso il fattore determinante è la frantumazione dei tessuti da cui estrarre i cannabinoidi: più è fine, migliore e più veloce è l'estrazione.
Va aggiunto anche che il regolamento prevede l'impiego di un tipo di colonna da tempo superata per l'analisi gas-cromatografica. Le colonne impaccate sono state sostituite dalle colonne capillari, sia per una maggior efficienza nella separazione delle diverse sostanze, che per il tempo più limitato di esecuzione dell'analisi. Il campione che deve essere iniettato nella colonna suggerita dal metodo ufficiale è di 1ml, mentre con le attuali colonne capillari si inietta 1ml di estratto ed il tempo di analisi si riduce a circa 10 minuti. Anche lo standard interno viene attualmente sostituito e si preferisce l'uso dello squalene rispetto all'androstene.
Con i dovuti aggiornamenti il metodo gas-cromatograflco rappresenta comunque uno strumento analitico indispensabile ed appropriato per la determinazione quantitativa del contenuto di D-9-THC nella canapa. E stata pure adottata, allo stesso scopo, l'analisi cromatografica ad alta pressione in fase liquida (HPLC) (Gamberini et al., 1996); in questo caso il metodo è leggermente più complesso rispetto alla gas-cromatografia ed intervengono ulteriori problemi per lo smaltimento dei rifiuti liquidi prodotti da questa analisi. Il vantaggio dell'HPLC è che certi componenti acidi possono essere rilevati, mentre con la gas-cromatografia essi vengono degradati. Dalla combinazione della spettrometria di massa con uno dei due metodi su descritti si ottiene poi l'identificazione della molecola del composto analizzato.
In definitiva, i metodi descritti rimangono insostituibili per un'analisi di conferma e per una valutazione che potrebbe implicare conseguenze penali per l'individuo indagato. Il laboratorio dotato di tali strumentazioni dovrebbe essere condotto da personale altamente qualificato che, comunque, potrebbe effettuare giornalmente solo un numero limitato di analisi.

I metodi rapidi per i controlli a tappeto
I metodi rapidi utilizzabili per i controlli a tappeto delle coltivazioni di canapa possono essere basati su reazioni colorimetriche oppure su metodi immunologici. Il substrato preparato con il sale Fast Blue BB ha la caratteristica di mettere in evidenza, attraverso una colorazione rossa, la presenza di D-9-THC negli estratti di canapa. Tale metodo è adottato in alcuni centri di ricerca per la selezione della canapa ad alto contenuto del cannabinoide; questa reazione non è molto specifica: il cannabidiolo (CBD) e il cannabinolo (CBN) provocano una colorazione del substrato rossastra o bruna che interferisce sull'esame e lo rende poco affidabile.
Gli esami basati su reazioni immunologiche sono i più attendibili e utilizzati da tempo in ambito ospedaliero per la valutazione dei metaboliti della marijuana nei fluidi biologici umani. Tra questi, la metodica immunologica più adatta alla valutazione di numerosi campioni è l'Enzyme linked immunosorbent assay (ELISA) competitiva.
E´ un saggio quantitativo, se si può utilizzare uno spettrofotometro per la misura della reazione, mentre rimane semi-quantitativo se la valutazione del risultato deve essere valutato visivamente. Come tutti i metodi immunologici, anche l'ELISA impiega anticorpi e per valutare il D-9-THC nella canapa abbiamo prodotto nel nostro Istituto un monoclonale specifico per tale molecola. Con questo metodo il livello di sensibilità raggiunto è stato di 5-10 ng/ml, cioè circa 100 volte superiore a quello del metodo gas-cromatografico. L'ELISA-competitiva potrebbe essere anche realizzata in campo: esistono test basati su questo principio per rilevare contaminanti delle acque o tossine nel latte. Allo stato attuale delle nostre ricerche, l'ELISA-competitiva è stata messa a punto per un lavoro di "screening" rapido in laboratorio. Nel 1997 abbiamo analizzato più di 500 campioni nel giro di una settimana di lavoro, utilizzando gli stessi estratti preparati per le analisi al gas-cromatografo. La potenzialità di questo metodo è legata alle strumentazioni disponibili; nei laboratori ospedalieri le macchine automatiche effettuano centinaia di saggi al giorno ed anche nel nostro caso si potrebbero raggiungere i medesimi livelli di automazione. Questo metodo sarebbe adatto al lavoro di indagine su larga scala per tutte le coltivazioni di canapa che le Autorità potrebbero valutare in maniera preliminare. Solo i campioni positivi dovrebbero poi essere saggiati con le metodiche chimico-analitiche. In parallelo o in alternativa, questo lavoro di valutazione potrebbe essere demandato alle stesse Associazioni dei produttori. Questi gestirebbero il laboratorio dedicato ai controlli dei campi di canapa dei propri associati e tale servizio potrebbe essere supervisionato dagli Organi di polizia. Una soluzione in qualche modo analoga a quella dei laboratori di analisi degli zuccherifici.
Per agevolare ulteriormente il lavoro di "screening" massale si potrebbe utilizzare, in alternativa all'ELISA-competitiva, un nuovo test immunologico molto semplice, recentemente messo a punto dalla ditta Boehringer (Frontline(r)), che identifica i metaboliti della marijuana nelle urine. Questo saggio utilizza una striscia di carta sulla quale avviene una cromatografia combinata con una reazione immunologica. In funzione del contenuto di THC-COOH nell'urina si viene a sviluppare una colorazione rosa in una zona della striscia.
Il livello di sensibilità del saggio è di 50 ng/ml di THC-COOH, mentre il D-9-THC naturale viene rilevato a partire da una concentrazione di circa 500 ng/ml. In pratica si tratta di una valutazione semi-quantitativa, stimata visivamente che richiede circa 2 minuti per completare tutto il procedimento del test. Purtroppo, il limite di sensibilità non consente di analizzare il D-9-THC nell'estratto ottenuto dal tessuto fogliare fresco, in quanto la reazione immunologica non può avvenire se nell'estratto c'è più del 5% di solvente. Viceversa, procedendo ad una estrazione come si fa per l'analisi gas-cromatografica, i livelli di D-9-THC che si vengono ad ottenere nei campioni sono tali che è possibile rilevare adeguatamente il cannabinoide e perciò distinguere la canapa da fibra da quella da droga. Con questo metodo, abbastanza economico, si può evitare l'allestimento di un laboratorio con complesse attrezzature e chiunque può essere in grado di effettuare l'analisi. In numerose prove condotte nel nostro laboratorio è stato verificato che il metodo Frontline(r) consente di stimare in modo attendibile i livelli di D-9-THC negli estratti di canapa. Prendendo come limite massimo il valore dello 0,2%, individuato in un estratto preso come campione di riferimento, è possibile rilevare con buona attendibilità i campioni che rispettano tale limite. Per quei campioni che hanno una concentrazione di D-9-THC vicino allo 0,2% esiste la possibilità di commettere un errore di valutazione e in questo caso sarà opportuno utilizzare un metodo immunologico più preciso, come l'ELISA, con la lettura del risultato mediante spettrofotometro, o ancora meglio, adottare il metodo gas-cromatografico.
Già a partire da oggi si potrebbe pensare di realizzare un laboratorio che avesse la possibilità di analizzare centinala di campioni di estratti di canapa senza che i costi e gli impegni di personale diventassero proibitivi. Il nostro Istituto è sin d'ora in grado di mettere a disposizione i mezzi e le proprie conoscenze per consentire una rapida, ma legale coltivazione della canapa da fibra nel nostro Paese.

Conclusioni
Per entrare in Europa dobbiamo rispettare diversi parametri, nel caso specifico della canapa industriale, molti Paesi europei la coltivano già (Francia, Olanda, Gran Bretagna, Spagna e Germania), con sensibili vantaggi economici. In questi casi rispettano ovviamente le regole sia gli agricoltori che le rispettive Forze di polizia, senza dover effettuare però capillari controlli sulle produzioni. Anche in altre nazioni, come l'Ungheria, la canapa da fibra continua ad essere coltivata; è sufficiente la dichiarazione dell'agricoltore che denuncia alle Autorità di voler coltivare la canapa da fibra e l'impiego di semente certificata per poter operare, con vigili controlli sulla produzione da parte degli Organi di polizia che non applicano restrittivamente le norme vigenti, tranne dove si palesa una evidente frode.
Probabilmente, se anche nel nostro Paese si riuscirà a rispettare anche questo "parametro europeo" la coltivazione della canapa da fibra potrà rifiorire e consentire all'Italia di riguadagnare la prestigiosa posizione di eccellente produttore di canapa di ottima qualità. Nel frattempo si può ricorrere a qualche strumento moderno di analisi che consenta a tutti di operare legalmente e proficuamente.

Gianpaolo Grassi, Alberto Caruso
Istituto Sperimentale per le Colture Industriali
Bologna
www.inea.it/isci

(')La descrizione della procedura per l'analisi del THC e riportata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee nell'allegato C al regolamento Cee n. 1164/89 del 28 aprile 1989.

Da L'INFORMATORE AGRARIO N. 26/98
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