La coltivazione della canapa da tiglio

Il Ministero per le politiche agricole ha autorizzato la coltivazione della canapa su 1000 ettari, mentre l'Ue sostiene la produzione con un aiuto pari a circa 1.400.000 lire/ettaro. Prima di una definitiva reintroduzione della coltura, però, ci sono altri problemi da risolvere
Renato Brugnola

Le iniziative parlamentari intraprese negli ultimi anni in materia di coltivazione della canapa tessile, tese a colmare il vuoto legislativo venutosi a creare con l'emanazione del dpr 9 ottobre 1990 n. 309 (testo unico delle leggi sulla disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope), non hanno a oggi trovato una loro formalizzazione in un testo di legge.
Infatti, già nel corso della precedente legislatura (giugno 1995), su iniziativa di un gruppo misto di parlamentari (Progressisti, Ppi, Alleanza Nazionale, Forza Italia), venne presentato, al Senato, un disegno di legge (in atti Senato n. 1853) recante alcune norme per la produzione della canapa tessile. Il ddl, pur avendo ottenuto l'approvazione da parte dei vari gruppi parlamentari, non riuscì a completare il proprio iter legislativo prima del termine della stessa legislatura.
La proposta costituiva un primo tentativo di normare ciò che il testo unico promulgato nel 1990 non contemplava, né tantomeno menzionava e, cioè, la coltivazione e la produzione della Cannabis sativa o canapa da "tiglio" o tessile. Il decreto n. 309/90, infatti, pone l'assoluto divieto di coltivare la specie congenere Cannabis indica, più comunemente detta canapa indiana.
Il mancato sviluppo, in Italia, della coltivazione della canapa tessile (Cannabis sativa) è ascrivibile all'incredibile somiglianza (in natura non è poi così incredibile) con la canapa da droga. Le due specie risultano, cioè, indistinguibili sulla base del loro aspetto fenotipico. Ciò non consente alle Forze dell'ordine il discernimento tra l'incauto produttore agricolo che coltiva la canapa per usi industriali dal coltivatore di canapa indiana che finalizza la sua "operosità agricola" ad altri meno nobili scopi. La non distinguibilità morfologica dei due vegetali, però, non può essere assunta come elemento di assimilabilità tra le due specie, considerato che ciò che per una, la canapa indiana, è elemento di caratterizzazione e di qualificazione come specie da droga, l'elevato contenuto dell'alcaloide tetraidrocannabinolo (THC), non lo è per la Cannabis sativa che ne contiene quantità mediamente più modeste.
La mancanza di una specifica previsione normativa che consentisse la coltivazione della canapa da tiglio ne ha, quindi, determinato il regresso e il definitivo abbandono, scoraggiando la ripresa di questa coltura tessile. La scomparsa della canapa dal nostri ordinamenti produttivi si è tradotta in un ulteriore e più sentito sbilanciamento a favore dell'import di materia prima per l'industria tessile italiana, tra le più apprezzate nel mondo, nonché per l'industria cartaria che costituisce un altro importante indotto per l'utilizzazione industriale della fibra di canapa.
Ma l'incompletezza del quadro legislativo nazionale in materia ha provocato un altro sensibile effetto finanziario a danno dei nostri produttori agricoli che si sono visti precludere la possibilità di accedere alle contribuzioni comunitarie previste dallo specifico regime di sostegno alla produzione di canapa tessile in seno all'ocm per il lino e la canapa istituita con il regolamento Cee n. 1308/70 del Consiglio.
Diversamente e più prontamente si sono attivati alcuni Paesi membri, come la Francia che ha emanato norme autorizzative per la coltivazione e la produzione della canapa tessile e cellulosica.
Con il ddl citato in apertura si autorizzava la coltivazione, l'importazione, l'esportazione e l'utilizzazione industriale e commerciale delle varietà di canapa indicate dai regolamenti comunitari, trascrivendo il criterio di riconoscimento basato, appunto, sulla determinazione quantitativa (percentuale in peso) del THC contenuto nelle varietà di canapa coltivate attraverso le metodiche ufficiali dettagliatamente riportate nella normativa europea di riferimento (allegato C del regolamento Cee n. 1164/89).
Con l'attuale legislatura il ddl è stato riproposto all'esame parlamentare per iniziativa della senatrice Mazzuca Poggiolini e del senatore Luigi Manconi. Il ddl (in atti Senato n. 2136) è stato assegnato in sede referente il 15 aprile 1997 alla Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato. L'esame ancora non è iniziato. il testo non apporta alcuna novità rispetto al precedente disegno. Infatti, al di là del disposto autorizzativo alla coltivazione della Cannabis sativa e all'utilizzazione industriale e commerciale dei prodotti da essa derivati, costituisce una trasposizione delle norme comunitarie.
Un ulteriore tentativo è stato fatto per iniziativa del deputato Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi), presidente della Commissione agricoltura della Camera, che ha reiterato la presentazione del disegno di legge (in atti Camera, n. 3657) proposto in precedenza al Senato.
In un'ottica più globale, la coltura della canapa si situa tra le colture non eccedentarie e, come tale, degna di un sostegno finanziario da parte dell'Unione Europea. Altri partner europei, tra i quali in prima fila la Francia e, a seguire, la Spagna, hanno iniziato da tempo una politica di investimenti in tale settore. L'Italia, che sino a oggi ha trovato, per i motivi anzidetti, degli ostacoli di carattere preminentemente normativo alla reintroduzione della canapa, è riuscita, nel 1998, a superare queste condizioni ostative. Infatti, il Ministero per le politiche agricole ha avviato e portato a termine un tavolo di concertazione interministeriale che ha permesso nel dicembre scorso di comporre una circolare, la n. 734 del 2 dicembre 1997 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 1998) con cui vengono fornite alcune disposizioni relativamente alla coltivazione della canapa da tiglio.
La circolare è un limpido esempio di concretezza e pianificazione. Con essa vengono oltrepassate le difficoltà sorte con l'emanazione del decreto presidenziale sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope. Si autorizza la coltivazione della canapa da tiglio, per la campagna di commercializzazione 1998-99, sia per gli impieghi tessili che per quelli cartari, su una superficie massima di 1.000 ettari. Il Ministero, come specifica il documento, si è fatto promotore, a partire dal 1993, di talune iniziative che devono soddisfare, da una parte, le esigenze immediate e, dall'altra, le aspettative future.
Queste iniziative sono così riassumibili:


La Commissione europea, inoltre, ha riscritto la regolamentazione comunitaria in materia di utilizzazione delle superfici a set aside per la produzione di prodotti destinati a impieghi diversi dal consumo alimentare umano o animale (regolamento Ce n. 1586/97). Ora l'elenco delle materie prime non food ricomprende anche la canapa.
Non resta che attendere l'accoglimento da parte del settore agricolo e industriale di questa prima tornata di opportunità.

Renato Brugnola
Da L'INFORMATORE AGRARIO N. 26/98
www.informatoreagrario.it