IL CANAPAJO

DI GIROLAMO BARUFFALDI

BIOGRAFIA DELL'AUTORE


Girolamo Baruffaldi nasce a Ferrara il giorno 17/07/1675 da Nicolò e Caterina Campi. Il padre era un antiquario e uno studioso della storia di Ferrara che aveva messo insieme una bella collezione di antichi cimeli, manoscritti e libri rari.

Girolamo scelse la carriera ecclesiastica e fu ordinato sacerdote nel 1700, ma coltivò sempre la passione per l'archeologia, le ricerche storiche, e la poesia.

L'attività per la quale oggi è maggiormente noto sono le sue ricerca sulla storia di Ferrara. Si ricordano tra le sue opere principali una “Storia di Ferrara”, il “Commentario storico - erudito”, e le “Vite dei pittori e scultori ferraresi”. Fu inoltre uno dei più abili verseggiatori del suo tempo, divenne famoso per questo, e non solo a Ferrara.

Spirito indipendente, oltre a scrivere poesie di circostanza, non ebbe paura di denunciare con i suoi versi il malgoverno dello Stato Pontificio. Per questo motivo non si creò solo popolarità, ma anche dei nemici, che per di più gli invidiavano la sua fama e la sua raccolta di cimeli antichi.

Venne accusato a torto di avere fornito la trascrizione di un suo documento a Ludovico Antonio Muratori, che da Modena sosteneva le ragioni della Casa d'Este contro gli interessi dello Stato della Chiesa. Il giorno 17/07/1711 gli vennero sequestrati tutti i suoi reperti antiquari, manoscritti e libri rari, e fu esiliato dallo Stato papale. Trovò ospitalità presso vari amici nel Veneto, dove continuò per quanto possibile la sua attività, sostenendo le sue buone ragione e prendendosela con i suoi persecutori.

Poiché tra i manoscritti sequestrati non fu trovato quello incriminato, nel 1714 venne richiamato dall'esilio e gli furono restituiti tutti i suoi documenti. Fino al 1729 rimase a Ferrara, e in questo periodo fu molto attivo come studioso di storia, come esperto di diritto canonico e come poeta. E tutto ciò nel tempo che gli rimaneva dopo avere assolto ai doveri del suo stato, compresi alcuni incarichi ecclesiastici a Ferrara e Ravenna. Tenne anche per qualche anno una cattedra all'Università di Ferrara.

Per quanto riguarda la sua attività poetica costituì l'accademia detta Della Vigna, per contrastare l'attività a lui ostile dell'accademia Della Selva (dalla quale era partita la denuncia che lo aveva fatto condannare all'esilio).

Fu a suo dire l'inventore del genere dei Baccanali, un componimento carnascialesco che la dice lunga sul suo carattere gioviale, che traspare da tutta la sua produzione.

La sua predilezione per i componimenti per il carnevale, non gli impedì però (caso raro) di vedere i mali del suo tempo, anche se non si può parlare di un vero e proprio impegno civile (ma chissà cosa si dirà di noi fra due o trecento anni! chissà cosa si dirà della nostra incapacità di affrontare in modo efficace i disastri ambientali, nonostante le nostre conoscenze e la nostra superiore tecnologia!).

Era un uomo del suo tempo. La sua produzione in versi è vastissima, e anche se si distingue spesso per originalità e fantasia, è però in gran parte costituita da modesti componimenti di circostanza.

E' pur vero che gli capitò di invitare i poeti suoi contemporanei ad abbandonare le “pastorellerie” per occuparsi finalmente di questioni serie, ma non fu secondo a nessuno nello scrivere versi su qualsiasi argomento per quanto futile esso fosse.

Si segnalano alcuni componimenti satirici, che sono prima di tutto documenti per la storia del costume e per la vita del tempo, come il “Viaggio a Comacchio” in cui troviamo cose che nessuno si era mai curato di osservare, e alcuni dialoghi in vernacolo ferrarese: la “Servisuore”, “I cucchier ch'aspetta i Patrun”, “Mistra da scola”, “Baila”, Maridazz”, “Cumar Ranara”, “Battez”, “Veggia del mort”.

A Cento intanto si era resa disponibile la principale carica ecclesiastica. La maggioranza dei centesi decise allora di chiedere al Baruffaldi di diventare il loro arciprete. Era un personaggio brillante e famoso, ed avrebbe quindi dato lustro alla loro cittadina. Inoltre era oriundo di Cento, dato che i suoi antenati provenivano da quella zona. Vi si trasferì quindi nel 1729, e vi rimase fino alla morte, avvenuta nell'anno 1755. A Cento fu amico del cardinale Prospero Lambertini, eletto papa nel 1740 col nome di Benedetto XIV, che lì aveva un palazzo dove spesso soggiornava. Nel periodo centese continuò la sua attività di poeta, con relativa partecipazione ad accademie e iniziative letterarie di vario tipo. Le cose più importanti di quel periodo, oltre al Canapajo, sono un poemetto giocoso, “Il Grillo”, due tragedie, “Antigone” ed “Ezzelino”, e diversi melodrammi parafrasati da Metastasio.


Il Canapajo

Cento è (anzi era) una piccola cittadina a metà strada tra Bologna e Ferrara, che godeva allora di una relativa prosperità rapportata alla miseria di quegli anni, dovuta al già citato malgoverno pontificio e alla frequente presenza di soldataglie di passaggio. Il punto di forza dell'economia centese era appunto la coltivazione della canapa, che veniva quasi interamente esportata a dimostrazione della sua superiore qualità.

Il Canapajo è stato quindi composto per celebrare la città che lo aveva voluto come concittadino, nonché la fonte della sua prosperità, ed è stato pubblicato nell'anno 1741.

Sicuramente il Baruffaldi, come arciprete di Cento, aveva dei terreni da amministrare, e aveva quindi potuto assistere per diversi anni alla coltivazione della canapa, fino a diventare un vero esperto. Questa esperienza diretta traspare dalla lettura de Il Canapajo. L'Autore però si avvalse anche di un testo manoscritto contenente la dettagliata descrizione di tutte le fasi di questa coltivazione.

Lo stile è volutamente facile e piano, perché meglio potesse adattarsi al soggetto e alle menti non erudite alle quali era destinato.

Questa semplicità, che si contrappone all'artificiosità dei componenti poetici del secolo, costituisce per noi un grande pregio, perché lo avvicina alla nostra mentalità. Ma un altro grande pregio del poema, che ne fa un'opera veramente originale per il suo tempo, è di avere un contenuto non di maniera, tratto anzi dalla concreta e umile realtà della vita quotidiana dei contadini nelle ville. Anche il tema della coltivazione della canapa è stato affrontato con grande competenza, attenta anche ai piccoli particolari.

E' veramente degno di nota come il poeta della canapa abbia saputo superare magistralmente la difficoltà di ridurre in eleganti versi sciolti un simile argomento, temperandone la prolissità con piacevoli digressioni tratte dalla mitologia, dalle vicende dell'epoca, dai casi suoi, e da tante altre cose, che il suo ingegno versatile e vivace, la sua fantasia, il suo temperamento gaio e piacevole e la sua profonda erudizione sapeva trovare.

Il testo è stato corredato di alcune semplici note esplicative che si possono visualizzare sullo schermo con il puntatore. La trascrizione del testo è stata fatta in maniera letterale compresi gli accenti anche quando sono diversi dall'uso che ne facciamo oggi.

Ci si augura che con la riscoperta di questo poema, non epico né cavalleresco, scritto nella terra di Virgilio, del Boiardo, del Tasso e dell'Ariosto, d'ora in poi non venga più usato il barbaro termine “marijuana” quando si deve parlare semplicemente di canapa.

La canapa ha una grande tradizione, è stata sempre universalmente coltivata, coltivata fin dall'antichità sia in Oriente che in Occidente. E' stata per tutta la storia dell'umanità la pianta tessile per eccellenza (e speriamo che torni ad esserlo), e ha meritato persino di essere celebrata con un bellissimo poema.