Il servizio di TIME fa il punto sulla discussione sulla canapa-medica / canapa-droga negli Stati Uniti d'America.
Quello che prima di tutto si ricava dalla lettura di questa autorevole rivita, nonostante gli equilibrismi per cercare di mantenere l'equidisanza tra le posizioni dei proibizionisti e degli antiproibizionisti, è che, mentre è facile trovare i finanziamenti per una ricerca sui possibili danni della marijuana, è quasi impossibile indagarne gli usi terapeutici.
Questo può spiegare perché le ipotesi sui danni provocati dalla marijuana siano così numerose. Ma quello che si desume senza ambiguità, anche dalla lettura di TIME, è che questi danni rimangono tuttora solo delle ipotesi di studio; mentre di dimostrato non c'è mai nulla. In ogni caso i problemi ipotizzati sono di ben lieve entità, e inoltre possono riguardare solo i forti consumatori e non certo i consumatori occasionali.
Analogo il discorso per quanto riguarda la dipendenza. La probabilità di diventare dipendenti dalla cannabis è piuttosto limitata, e può riguardare di nuovo solo i forti fumatori. Per di più i sintomi non sono certo paragonabili alle gravi crisi di astinenza che danno l'alcool, il tabacco, l'eroina o i barbiturici, sostanze per le quali, più che di dipendenza, si può parlare di vera e propria schiavitù.
Le ipotesi di danni o di dipendenza non riguardano "mai", invece, quello che viene descritto come consumo occasionale, o comunque non intenso, un livello di consumo che, tra l'altro, corrisponde sostanzialmente ai dosaggi usati a scopo terapeutico.
Ancora più difficile, quindi, giustificare un atteggiamento fanaticamente proibizionista nei confronti della cannabis, che la stessa rivista TIME bolla come una vera e propria canapa-fobia.
Una canapa-fobia che ha anche la conseguenza di intralciare pesantemente la ripresa della coltivazione della normale canapa, la migliore possibilità che abbiamo di rendere più sostenibile la nostra società dei consumi.
Ma, come conclude l'articolista di TIME, la politica è saltata davanti alla scienza. E' necessario, quindi, che la scienza si riprenda il ruolo che le compete nell'ambito della ricerca, e che l'atteggiamento nei confronti della cannabis si adegui alle risultanze della ricerca scietifica, senza che la scienza venga piegata alle esigenze di ottuse politiche proibizioniste completamente fuori dalla realtà.

LA MARIJUANA FA BENE ALLA SALUTE?

Ebbene, no. Ma le più recenti ricerche suggeriscono che
il rischio per la salute di un uso occasionale è lieve,
e che può alleviare alcune malattie.
di John Cloud



Io da giovane non ho mai fumato spinelli, perchè ero convinto che ciò avrebbe raggrinzito la mia incipiente virilità. Questo negli anni Ottanta, anni in cui i rigidi avvertimenti il-vostro-cervello-finirà-nella-droga mi resero vagamente preoccupato di poter avere perdite di memoria e problemi psicotici. E quando altri ragazzi dissero che la marijuana avrebbe potuto compromettere la potenza sessuale, io ne fui atterrito.
Non ho fumato il mio primo spinello prima dei 18 anni. Fino a quell'età circa la metà dei giovani americani ha provato la marijuana, cosa che mi classifica nell'altra metà. Pensavo che andasse bene così, tanto che non ho mai sviluppato il gusto per la marijuana, evitando di diventarne dipendente.
Ma quando fiorì il movimento per la canapa medica e crebbero le pubbliche relazioni di questa erba, spesso mi meravigliai di non averla apprezzata fin da bambino, prima che avessi un allenatore personale che mi teneva lontano da ogni vizio. Restringimento dei testicoli? Cervello in poltiglia? Vedevo queste cose come accuse grottesche inventate dalla propaganda antidroga.
Risulta invece che gli studi sugli effetti della marijuana sulla salute sono ancora più complessi e meno progrediti di quello che si potrebbe immaginare. "L'interpretazione delle ricerche sulla marijuana può dire di più sui preconcetti degli stessi dati scientifici", scrive Mitch Earleywine in "Comprendere la Marijuana: Un Nuovo Aspetto dell'Evidenza Scientifica", pubblicato in agosto da Oxford. Per esempio: "I proibizionisti potrebbero ricordare che il THC (delta-9 idrocannabinolo - la sostanza chimica che provoca l'alterazione psichica) spesso appare nel sangue di gente coinvolta in incidenti stradali. Ancora essi possono omettere il fatto che la maggior parte di questi bevono alcool. Gli antiproibizionisti possono citare un ampio studio che non mostra segni di problemi di memoria nei fumatori cronici di marijuana. Ancora essi possono non ricordare che i test sono così facili che anche un demente potrebbe superarli".
La scienza della marijuana - specialmente i suoi potenziali usi medici - è malleabile, perché è così giovane e contradditoria. Sebbene i dati preliminari siano promettenti, non hanno definitivamente dimostrato che la droga può trattare con sicurezza nausea, dolore o tutt'e due, veramente. Alcuni esperti lamentano che il Governo degli Stati Uniti abbia sabotato le ricerche sulla canapa medica, e ci sono delle evidenze che lo confermano. Anche così, negli ultimi anni, gli scienziati hanno fatto rapidi progressi nella comprensione di base su come lavora la cannabis sativa. Dal 1993 i ricercatori hanno trovato i due recettori conosciuti dei cannabinoidi, le sostanze chimiche psicoattive della pianta (il THC è il principale, ma ce ne sono almeno altri 65). Da allora ci sono stati importanti nuovi lavori in diversi campi che i consumatori, i consumatori potenziali e i consumatori accaniti dovrebbero conoscere, e di cui i votanti dovrebbero tenere conto prima di decidere se legalizzare la marijuana. Sono talmente tante le ricerche, che in novembre il Journal of Clinical Pharmacology e il National Institute on Drug Abuse pubblicheranno un supplemento di 100 pagine dedicato interamente alla marijuana. Il Giornale ha permesso a Time di dargli un'occhiata preventiva: è una completa rassegna che annoierebbe ambedue le parti in guerra per la droga. Non ci trovereste una chiara evidenza che la droga è buona o cattiva, ma le ricerche fanno luce su alcune delle più importanti questioni che circondano la sostanza.

Può uccidervi?
Nessuno è mai morto per avvelenamento da THC, principalmente perché 150 libbre vogliono dire 900 spinelli in una sola volta, ed essi sono necessari per raggiungere la dose letale (senza dubbio qualcuno ci avrà provato). Ma questo non significa che la marijuana non possa aggravare dei seri problemi di salute ed anche provocare dei decessi, sia direttamente (guidando mentre si è fatti, per esempio) che indirettamente (per esempio influenzando la circolazione del sangue). Un foglio pubblicato l'anno scorso nel Giornale di Angiologia ha denunciato in Francia 10 probabili casi di forti fumatori che hanno sviluppato ischemia (insufficiente irrorazione di sangue) negli arti, che in quattro casi ha richiesto l'amputazione. Non è chiaro perché la marijuana provochi una diminuzione del flusso sanguigno, ma i problemi vascolari peggiorarono durante un periodo di consumo intenso. Un'altro foglio pubblicato nel 2001 ha denunciato un incremento di quasi cinque volte del rischio di un attacco di cuore nella prima ora dopo aver fumato marijuana - sebbene questo significhi che statisticamente fumare marijuana è altretanto dannoso per una persona in buona salute che fare esercizio fisico.

Vi fa ammalare?
La marijuana può influenzare il sistema immunitario, poiché uno dei due recettori conosciuti dei cannabinoidi è localizzato nelle cellule immunitarie. Ma la natura di questa influenza non è chiara. Uno studio recente ha mostrato che il THC inibisce la produzione di sostanze immuno stimolanti.
Ma i fumatori di sigarette (di tabacco) possono avere un danno maggiore al loro sistema immunitario che non i consumatori di marijuana, che tendono a fumare meno. Uno studio pubblicato di recente ha scoperto che i fumatori di tabacco, ma non quelli di marijuana, hanno alti livelli di un tipo di enzima che si crede provochi infiammazione ai polmoni. Il dott. Donald Abrams, professore di clinica medica all'Università della California a San Francisco, afferma che un uso poco prolungato della cannabis sostanzialmente non provoca un aumento della quantità di virus nei pazienti con HIV (le persone con HIV a volte fumano marijuana per stimolare l'appetito). Di fatto i partecipanti a questa ricerca che fumavano marijuana potevano godere di un aumento significativamente alto dei loro linfociti (cellule che aiutano a combattere la malattia) rispetto a quelli che prendevano un placebo.

Può provocarvi il cancro?
I dati riguardanti il cancro spesso forniscono indicazioni contrastanti. Uno studio del 1999 su 173 pazienti con cancro alla testa o al collo hanno mostrato che la canapa fumata aumentava il rischio di questi tipi di cancro (anche quelli che non fumano nulla dovrebbero essere preoccupati del cancro ai polmoni). Ma non è chiaro se il THC sia cancerogeno. Le ultime ricerche suggeriscono che il THC possa avere un doppio effetto: favorire i tumori attraverso l'aumento dei radicali liberi, e contemporaneamente proteggere contro i tumori giocando un ruolo benefico in un processo conosciuto come programmazione della morte cellulare.

Dà dipendenza?
Quelli che pensano che non si possa diventare fisicamente o psicologicamente dipendenti dalla marijuana sono nel torto. Almeno tre studi recenti hanno dimostrato che i forti fumatori di marijuana che smettono possono sperimentare sintomi da deprivazione e ansietà, disturbi del sonno e dolori di stomaco. D'altra parte, il rischio di diventare dipendenti della marijuana è comparativamente basso. Appena il 9% di quelli che hanno usato la droga sviluppano dipendenza. Per confronto, il 15% dei bevitori diventa dipendente dall'alcool, il 23% dei consumatori di eroina vengono agganciati, ed un terzo dei fumatori di tabacco diventano schiavi delle sigarette.

Vi fa diventare stupidi?
Quelli che hanno la canapa dentro il cervello sono più ottusi di quelli che non fumano, ma solo un pochino... All'inizio di quest'anno il giornale dell'American Medical Association (A.M.A.) ha pubblicato uno studio su 102 quasi quotidiani consumatori di marijuana che desideravano smettere. Gli autori hanno osservato che, più lungo era stato il periodo di assunzione, peggiore era la loro memoria e capacità di attenzione. Ma essi non erano come Gobi, il buono a nulla del Sunday Night, che è così malmesso che a malapena riesce a parlare. I partecipanti alla ricerca che avevano usato regolarmente la cannabis per una media di 10 anni, riuscivano significativamente peggio in solo due dei 40 indici delle funzioni cognitive (essi avevano particolare difficoltà a stimare il tempo trascorso durante il test). Quei coraggiosi che invece avevano fumato canapa per una media di 24 anni, facevano significativamente peggio in 14 dei test. Ma gli scienziati non possono affermare che è la marijuana a provocare tali problemi. "Questi consumatori di lunga data erano sottodotati fin dall'inizio, ancora prima che cominciassero a fumare", afferma il dott. Harrison Pope, uno psichiatra di Harvard che ha scritto un editoriale che accompagna lo studio, in cui sostiene che "dobbiamo vivere nell'incertezza se la canapa possa provocare a lungo termine menomazioni cognitive".

E a proposito del sesso?
Gli ultimi studi suggeriscono che io non devo inquetarmi più di tanto per le conseguenze della cannabis sulle gonadi. "La marijuana può interferire con la capacità dei bambini di attraversare la pubertà", dice il dott. Adrian Debs, coautore di una pagina sugli effetti endocrinologici della droga nel sempre più importante Journal of Clinical Pharmacology. "Ma le anomalie osservate non sono assolutamente significative dal punto di vista clinico". A dispetto dei racconti di maschi fumatori che si vedono crescere il seno, gli effetti a lungo termine sugli adulti sono incerti.

I malati possono ricavarne benefici?
Così, se la marijuana può essere dannosa per la salute della gente - ma di solito non lo è - potrebbe essere considerata utile per i malati in base alle conoscenze attuali? E' qui che la scienza è più insufficiente e, in assenza di dati, i politici prendono la scena. Quello che noi conosciamo è che i medici hanno accumulato parecchi aneddoti sul potere curativo dell'erba negli ultimi 4700 anni.
"Comprendere la marijuana" di Earleywine accredita un forse mitico imperatore cinese di avere descritto la pianta come curativa della gotta intorno al 2700 avanti Cristo. Ma l'imperatore pensava anche che la sua pozione alla canapa avrebbe aiutato la memoria, diventando così il primo dei molti fan che esaltano il potenziale medico della droga. Anche il medico della Grecia antica Galeno usò la cannabis per trattare la flatulenza.
La A.M.A. l'anno scorso pubblicò un rapporto che faceva il punto sulle conoscenze sugli usi medici della marijuana. E' soprendentemente ridotto. Il dott. Abrams di S. Francisco ha prodotto alcune delle più chiare evidenze alla data odierna del valore terapeutico della droga. Sebbene i suoi test medici fossero stati predisposti unicamente per capire se la marijuana fosse sicura per i pazienti HIV, egli ne ha anche ricavato un dato che chiunque già conosce: lo spinello provoca l'appetito. I soggetti che fumavano marijuana, durante il periodo di controllo, aumentarono il loro peso in media di 6,6 libbre, contro le 2,4 del gruppo che prendeva un placebo.
Ecco alcune altre cose trovate nel rapporto della A.M.A.
NAUSEA - I pazienti HIV positivi, o che sono sotto chemioterapia, possono avere difficoltà a trattenere il cibo, così qualsiasi cosa li aiuti a mangiare è importante, sebbene non necessariamente per quello che pensano i sostenitori della marijuana.
La capacità della canapa di sollecitare l'appetito può avere a che fare più con i suoi effetti psicoattivi che con i suoi effetti sulla nausea. Solo dal 20 al 25% dei pazienti, in due esperimenti degli anni '80, potevano controllare completamente il vomito con la marijuana; altre droghe lavorano meglio per la nausea. Comunque la A.M.A. raccomanda maggiori studi sulla marijuana per coloro che non rispondono ai trattamenti con altre sostanze, e puntualizza che per quelli che hanno la nausea, inalare una sostanza può essere più accettabile che inghiottire una pillola.
GLAUCOMA - La marijuana riduce la pressione all'interno del bulbo oculare, circa del 25%, ma la droga non è sempre pratica nel trattamento del glaucoma. Molti di quelli che hanno questa malattia sono vecchi, e non possono tollerare la propensione della cannabis ad alzare la pressione del sangue.
SPASTICITA' - La marijuana può aiutare le persone spastiche (estrema tensione muscolare) e attenuare il tremore dovuto a sclerosi multipla e traumi. Ma la droga non è stata rigorosamente confrontata con i normali trattamenti antispastici. DOLORE - In pazienti con dolori postoperatori, il THC funziona meglio di un placebo, e molte relazioni suggeriscono che la canapa fumata può ridurre la necessità degli oppiacei, che danno molta più dipendenza. Ma la A.M.A. afferma che sono necessari migliori studi per valutare con esattezza la cannabis come rimedio per il dolore. Molti sono in corso. In California cinque team di sperimentatori stanno conducendo studi sulla marijuana come analgesico, in particolare per il cancro e il dolore dei nervi.

La A.M.A. conclude che la scarsità di ricerche cliniche di alta qualità... continua a intralciare lo sviluppo di una razionale politica pubblica sulla canapa medica. Il che fa sorgere la domanda: perché, dopo 5000 anni, simili ricerche ancora non esistono? Le risposte possibili sono due: la prima è che il governo può aver rifiutato gli studi sulla cannabis per evitare ogni sfida alla sua posizione secondo la quale la cannabis è dannosa e medicalmente inutile. La seconda è che la cannabis potrebbe essere, appunto, dannosa e priva di usi medici.
Questa sostanza non è stata sempre così controversa sul piano scientifico. La Farmacopea americana, un elenco dei farmaci ad uso dei medici compilato a partire dal 1820, ha incluso per la prima volta la cannabis nel 1870. La Farmacopea non ha eliminato la canapa dall'elenco fino all'edizione del 1942, la prima dopo che nel 1937 la cannabis era stata bandita. Alla fine la maggior parte dei medici cominciò a considerare la canapa come qualcosa di più di un semplice inebriante. Essi tesero a favorire le nuove droghe sintetiche di moda, prodotte dalle grosse case farmaceutiche. Ma la marijuana è fatta di circa 400 diverse componenti.
I moderni metodi di ricerca per testare gli effetti medicinali della cannabis non sono stati adottati fino agli anni Settanta. Come racconta Earleywine, uno studio dell'UCLA finalizzato a confermare i rapporti della polizia secondo i quali la canapa dilatava le pupille, trovò invece una leggera contrazione. E' così che i medici scoprirono che la droga può aiutare i sofferenti di glaucoma riducendo la pressione intraoculare. Negli anni successivi a questa scoperta, 26 stati intrapresero programmi di ricerca sugli usi terapeutici. Ma il Governo Federale, che ormai controllava l'unica fornitura legale di marijuana, approvò la Legge sul Controllo delle Sostanze del 1970. La legge pone la marijuana nella Lista n. 1, che elenca le droghe prive di validi usi medicinali. I funzionari della salute pubblica degli stati, trovarono difficile persuadere le loro controparti federali a fornire loro la cannabis necessaria per le ricerche, come se fare ciò volesse dire minare la legge, o almeno lo spirito della legge, suggerendo che potevano esserci usi medici. (Solo sette stati disponevano di canapa. Uno era il Tennessee, e fu per questo che la sorella di Al Gore potè sperimentare la droga prima di perdere la sua battaglia contro il cancro ai polmoni nel 1984.)
Allora, nel 1985, la FDA (Food and Drug Administration) approvò il dronabinol, una forma orale di THC sintetico, per trattare la nausea indotta dalla chemioterapia. Molti medici credevano che il dronabinol, venduto come Marinol, potesse avere gli effetti benefici della pianta senza gli inconvenienti. Dalla metà degli anni Ottanta, la disponibilità di Marinol e l'escalation della guerra alla droga, hanno ucciso i programmi di ricerca degli stati. Ma il Marinol mostrò di avere dei difetti. Dato che entra nel sangue attraverso lo stomaco, non entra in azione così velocemente come la marijuana fumata. Dato che è THC praticamente puro, i suoi utenti non possono avere gli stessi effetti psicoattivi. "Il Marinol tende a buttare giù le persone", dice Abrams, il medico di S. Francisco che ha condotto sperimentazioni con il Marinol e la canapa. "I nostri pazienti che prendono il Marinol trascorrono molto tempo a letto, e questo non è il caso di quelli che fumano la marijuana". Questi problemi sono comparsi solo "in una piccola parte dei pazienti delle nostre ricerche", dice il dott. Hjalmar Lagast, uno dei vicepresidenti della Solvay Pharmaceuticals, che produce il Marinol. Egli osserva che la droga è fornita in tre diversi dosaggi, per permettere ai medici di scegliere la dose giusta. Dall'inizio degli anni Novanta, nel momento in cui l'epidemia di AIDS era al suo massimo, molti pazienti preferirono a tal punto la marijuana al Marinol, da usare la droga comprata per strada, senza riguardo per la legalità o la sicurezza. Abrams e pochi altri cominciarono a fare pressioni sul governo in modo che consentisse nuovi studi sulla marijuana, al fine di scoprire quello che questi pazienti stavano procurando a se stessi. I funzionari federali resistettero di nuovo, e alcuni ricercatori si convinsero che il governo non avrebbe mai permesso che potesse emergere l'evidenza delle possibili qualità benefiche della cannabis. Nel 1999 Paul Consroe, un professore di farmacologia dell'Università dell'Arizona, fallì nel suo tentativo di ottenere dalla FDA l'approvazione per una sperimentazione della marijuana nel deperimento da AIDS e cancro. Egli credette che l'FDA la respingesse a causa delle pressioni politiche. "Se devi studiare i suoi effetti dannosi, puoi ottenere tutti i soldi di cui hai bisogno", dice Consroe. Ma nel mio caso, ho fatto marcia indietro definitivamente". (E il portavoce dell'FDA ha evitato ogni commento.)
Ad Abrams furono necessari cinque anni, ma finalmente riuscì a portare avanti i suoi studi. E' un ostinato e irriverente oncologo, che aveva osservato centinaia di pazienti AIDS soffrire di una brutale nausea, e che ottenne nel 1997 l'approvazione del governo per la prima sperimentazione clinica della marijuana in oltre un decennio. Allora le proposte riguardanti la marijuana richiedevano l'approvazione di tre agenzie, la FDA, la DEA (Drug Enforcement Agency) e la NIDA (National Institute on Drug Abuse), e la DEA e la NIDA resistettero. Un ufficiale della DEA, in una lettera, si preoccupava della ricaduta politica nel caso che Abrams avesse ottenuto risultati positivi. "Il governo sta dicendo che non esistono studi che dimostrino l'utilità medica", disse Abrams furiosamente nel 1996. "Ma loro stanno impedendo che possano essere fatti degli studi".
Non è vero, dice Steven Gust, assistente speciale del direttore del NIDA, che ha lavorato nell'agenzia per quindici anni. "Da quando sono qui, non ci sono stati pregiudizi contro lo studio delle applicazioni mediche della marijuana. Francamente delle buone proposte non erano ancora pervenute. La gente con cui avete parlato, ha avuto delle cattive esperienze nell'ottenere l'approvazione, e questo ha influenzato negativamente la loro percezione".
In ogni caso, Abrams e Gust sono daccodo sul fatto che il governo e i ricercatori sugli usi medici della marijuana adesso stanno lavorando insieme. Abrams ha in corso due ricerche approvate, e lo stato della California ha fondato una nuova, più grande versione del suo vecchio programma di ricerca sugli usi terapeutici. Il Centro per le Ricerche sulla Canapa Medica, aperto presso l'Università della California due anni fa con un primo budget di 3 milioni di dollari, al momento sostiene undici ricerche che hanno ricevuto l'approvazione federale. A dire il vero, molti ricercatori - specialmente nel governo - si contorcono all'idea di ricerche sulla canapa medica. Nonostante i resoconti di aneddoti incoraggianti, la NIDA non ha iniziato uno studio sugli usi terapeutici della cannabis da due decenni, lasciando che il giovane Centro della California sia l'unica istituzione negli Stati Uniti che stia facendo ricerca di base.
La marijuana rimane l'unica droga che i ricercatori devono ottenere direttamente dagli uffici federali. Se la FDA e la DEA danno l'approvazione, gli scienziati possono ottenere anche l'ecstasy da laboratori stranieri, ma la NIDA è l'unica fornitrice di cannabis, e ciò comporta un terzo livello di burocrazia. "In un'era di privatizzazioni, è shoccante che il governo insista in un monopolio che gli permette di scegliere di non fornire la marijuana ai progetti che non gli piacciono", dice Rick Dublin, fondatore dell'Associazione Multidisciplinare sugli Studi Psichedelici, una ditta farmaceutica non-profit (per 18 mesi l'associazione di Dublin e l'Università Massachussetts Amherst hanno cercato senza successo di ottenere una licenza per alzare il livello della ricerca sulla cannabis presso l'università).
Non tutti i paesi sono così canapa-fobici come gli Stati Uniti. Alcuni scienziati in Inghilterra, che ha effettivamente decriminalizzato l'uso personale di piccole quantità di cannabis, sono andati al di là del lavoro preliminare in corso negli S.U. La ditta inglese GW Pharmaceuticals progetta di pubblicare i risultati di un ampio studio sul suo nuovo prodotto a base di marijuana, un estratto intero della pianta proposto sotto forma di spray orale. Con questa modalità di assunzione i pazienti evitano i danni ai polmoni del fumo. Il governo inglese probabilmente renderà disponibile lo spray per le prescrizioni mediche, nel caso in cui i risultati siano buoni come sostiene la società.
In questo paese, nuovi prodotti a base di canapa come lo spray della GW, raramente appaiono senza una cordiale cooperazione tra le aziende farmaceutiche, le istituzioni di ricerca e i funzionari governativi. Queste partnership possono richiedere anni per svilupparsi. Ma la politica è saltata davanti alla scienza, il che significa che i votanti decidono più dei medici se la canapa medica sia una contraddizione.


Da TIME (U.S.) - 27 Otobre 2002